Mentre gli occhi del mondo sono puntati su Gaza, la Siria resta intrappolata nel suo personale calvario. La guerra civile si radicalizza, insieme al rafforzamento delle posizioni dell’Isil, che ormai controlla parte dell’ovest del paese, un corridoio che da Aleppo arriva alla provincia orientale irachena di Diyala. A far tornare i riflettori italiani sul conflitto siriano è il rapimento, reso noto ieri dalla Farnesina, di due giovani cooperanti.

Riserbo sulle loro identità, ma secondo fonti interne al mondo del volontariato, si tratterebbe di Vanessa Marzullo di Brembate, 21 anni, e Greta Ramelli di Besozzo, 20 – fondatrici di Progetto Horryaty, programma umanitaria centrato sulle questioni sanitarie e idriche. Le due sono introvabili dal 31 luglio, scomparse da Aleppo. Il Ministero degli Esteri ha già messo al lavoro l’unità di crisi e i servizi segreti, tentando di aprire “tutti i canali informativi e di ricerca”.

Testimoni hanno raccontato di un gruppo di uomini armati, probabilmente criminali comuni, che la notte del 31 luglio avrebbe attaccato la casa in cui vivevano Vanessa e Greta e le avrebbe portate via. Erano arrivate nel paese il 28 luglio passando da Atma, il più grande campo profughi in territorio siriano, al confine con la Turchia.

L’ennesima dimostrazione dell’instabilità in cui è invischiata la Siria da ormai oltre tre anni. A preoccupare oggi è l’offensiva senza precedenti dell’Isil, che ha in pochi mesi relegato in un angolo gran parte dei gruppi di opposizione, moderati e islamisti. Tanto da spingerli verso ovest, verso il Libano, dove il rivale Fronte al-Nusra è protagonista dal fine settimana scorso di durissimi scontri con l’esercito libanese ad Arsal, città sunnita al confine con la Siria. Una battaglia che è tradotta nell’uccisione di 16 soldati, 17 civili e la cattura di un numero imprecisato di poliziotti e militari. Dopo la tregua mediata martedì da alcuni leader religiosi, ieri il cessate il fuoco è fallito e gli scontri sono ricominciati.

Da parte sua, l’Isil ha avviato una violenta campagna contro le forze governative siriane nella provincia di Deir al-Zor. L’ultima sanguinaria azione risale a martedì quando i miliziani jihadisti hanno mostrato le teste di tre leader tribali sollevatisi contro i qaedisti, uccisi e decapitati nel villaggio di al-Jurdi, occupato dall’Isil. Le ultime settimane sono state teatro di duri scontri tra tribù, esercito di Damasco e qaedisti in tutta la provincia, nelle comunità di Buasyra e Raqqa. Nella capitale, Deir al-Zor, i jihadisti avrebbero fatto incetta delle armi abbandonate dai miliziani del Fronte al-Nusra in fuga dalla città dopo l’avanzata dell’Isil.

E come in Iraq, al confine ufficioso tra la zona occupata dalle milizie di Al-Baghdadi e la regione autonoma del Kurdistan, anche in Siria sono in corso violenti scontri tra jihadisti e curdi, nella provincia settentrionale di Hassakeh: nella città di Ras al-Ain, lungo la frontiera con la Turchia, un gruppo di qaedisti è stato ucciso da miliziani curdi. Tensione alta anche a Damasco, dove le opposizioni al regime di Assad affermano di aver assunto il controllo di Mliha, dopo aver sfondato le linee governative. Nelle stesse ore colpi di mortaio hanno ucciso civili in sette quartieri di Damasco, da est a ovest.

Sul piano politico, continua la saga dell’arsenale chimico siriano: ieri gli Stati Uniti hanno informato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dell’avvenuta neutralizzazione del 60% degli agenti tossici del regime di Assad, che aveva consegnato l’arsenale dopo un accordo stipulato nell’autunno del 2013 grazie alla mediazione russa.