Les Mains, Les Pieds et la Tête Aussi (Le Mani, I Piedi e anche La Testa) è il nome del collettivo di lavoro di Mathurin Bolze, poeta del corpo in gioco con la gravità, artista in bilico tra danza e acrobazia, un nome di riferimento per il circo contemporaneo. Il gruppo è originario di Lione e compie quindici anni di avventure: spettacoli in cui l’uomo riscrive il suo rapporto con lo spazio, le leggi del peso e del tempo, raccontandosi in incantevoli scenografie surreali.

Tra i titoli della compagnia due sono magicamente speculari, Fenêtres del 2002, ripreso in repertorio l’anno scorso, e Barons Perchés creazione 2015. Entrambi sono tra le proposte dell’edizione in corso di Torinodanza, festival diretto da Gigi Cristoforetti che del circo contemporaneo è stato in Italia tra i primi promotori.
Barons Perchés è ancora in scena stasera e domani pomeriggio alle Fonderie Limone di Moncalieri. Il titolo strizza l’occhio a Il Barone Rampante di Calvino, a cui già si ispirava Fenêtres. Ha luogo in una piccola casa di ferro e legno, dalla curiosa struttura più o meno esagonale. Dentro dondolano lampade, ci sono tavolini a scomparsa, sedie fissate alle pareti dove arrivare volando come nulla fosse. Corde, serrande, finestrelle, botole, scalette, il tutto illuminato da una calda luce serale: una piccola casa rifugio.

La scena è firmata da Goury, di cui per tanti anni abbiamo amato gli spazi sorprendenti inventati per il coreografo Josef Nadj con cui anche Bolze ha in passato lavorato.
In entrambi i lavori di Bolze al centro è Bachir, personaggio inventato, novello barone: come il Cosimo di Calvino che scelse di vivere in una capanna su un albero, anche Bachir sfida la normalità. Il pavimento è un tappeto elastico sul quale cadere per rivolare sempre più su, per roteare nella casa, per dare il via a corse sulle pareti.

Se nel primo Fenêtres del 2002 interprete unico era Mathurin Bolze, nella ripresa del 2015 Bachir è il giovane Karim Messaoudi, sorta di doppio di Bolze. In Barons Perchés danzano entrambi. Uno l’ombra dell’altro, uno più giovane, l’altro più maturo, chi è l’origine e chi la copia? Lo scambio è continuo, il fluire dell’energia, l’onda dello slancio, la sospensione nel vuoto, tutto passa da uno nell’altro, tutto si intreccia.

Barons Perchés sviluppa la relazione tra i due interpreti senza fretta. Prima c’è Bolze, che apre la casa, accende le luci, ci abitua allo spazio. Messaoudi arriva d’improvviso. Appare in alto da una porta, cade sul tappeto, rimbalza via. Il suo farsi visibile è quasi una allucinazione. Ma poi ritorna e come Bolze vola dalle finestre, sparisce nel vuoto e ricompare, scivola sotto il pavimento, si arrampica su una scala, pende dalla struttura di ferro in cima alla casa. Nella prima parte del lavoro è come se non si vedessero l’un l’altro. Siamo noi che li osserviamo e li vediamo schivarsi favolosamente nella leggerezza dell’acrobazia.

La luce si spegne per un attimo. Qualcosa succede che muta l’azione. Bolze e Messaoudi, impellicciati e travestiti, il Bachir giovane e il Bachir più maturo, si fanno quasi la corte, eleganti e bizzarri, come tronfi animali di un fantasioso bestiario. Quando, dismesso il travestimento, tornano in panni normali, i due baroni rampanti hanno imparato a fronteggiarsi e a divertirsi con la loro stessa storia.

Bolze ha insegnato a Karim l’anno scorso l’assolo di Fenêtres: pensava quasi di non danzare più e invece il lavoro con Karim lo ha portato a proseguire con Barons Perchés. Il rapporto tra i due, tra l’interprete che fa rivivere l’autore e l’autore/protagonista che passa ad altri la sua ricerca, attraversa sottotraccia tutto lo spettacolo. E l’umanità di questo lavoro visionario, che strizza l’occhio anche a Il sosia di Dostoevskij, tocca il pubblico che percepisce nel corpo l’ebbrezza liberatoria del volo dei due artisti complici.