La presidenza Trump è arrivata al secondo anno, senza smentire le fosche previsioni del giorno dell’insediamento di The Donald alla Casa bianca, né operare un’inversione di marcia rispetto alla tendenza espressa dalla base americana opposta a Trump, scesa in piazza il giorno della sua elezione e mai più rientrata.

Il giorno seguente l’arrivo di Trump a Washington, negli Stati uniti si è svolta la più grossa manifestazione della storia Usa, la Women’s March che dal 21 gennaio 2017 è diventata un appuntamento annuale.

«Finchè questo presidente misogino e razzista sarà alla Casa Bianca, noi saremo lá fuori a manifestare – dice Sue, 54enne di Brooklyn, tra le organizzatrici newyorchesi della manifestazione che si svolge in tutto il paese – Se sono stanca? Di questa presidenza sono stanca, non di andare a manifestare, azione che mi sembra inevitabile».

«Non ero mai stato un attivista prima di Trump – spiega Dave 37enne di Delray in Florida – Io sento questo non come un cambio di presidente ma come un’emergenza nazionale e non si può lasciare spazio solo alla narrativa di Trump e i suoi, è essenziale andare lí e dire che non è cosí, non è come lo raccontano loro, non c’è nessuna emergenza immigrati, che le donne vanno rispettate, gay, transgender, minoranze, vanno tutelati. Serve a ricordarlo agli adulti e ad insegnarlo ai giovani».

Proprio mentre ricorreva l’anniversario dell’insediamento di Trump e della Women’s March, si sono svolte anche manifestazioni di segno opposto a quelle auspicate da Dave, e che hanno avuto come protagonisti dei giovani che evidentemente credono più alla narrativa del presidente che a quella dell’opposizione.

Alcuni studenti di una scuola cattolica del Kentucky, a Washington per prendere parte alla marcia contro l’aborto che si svolgeva lo stesso giorno della Indigenous people march, manifestazione dei nativi americani, hanno pesantemente sbeffeggiato e umiliato un nativo americano che stava intonando un canto tradizionale. I ragazzi indossavano i cappellini rossi con lo slogan Maga (Make America Great Again) lanciato da Trump, che in questi due anni sono passati dall’essere il simbolo di un candidato, alla divisa dell’estrema destra.

Il 63enne Natan Phillips, nativo americano Omaha, partecipava come ogni anno alla cerimonia per onorare i veterani nativi al cimitero nazionale di Arlington, in quanto è anche lui un veterano del Vietnam, e dopo che il video dell’incidente è diventato virale, intervistato dai maggiori network televisivi, ha spiegato: «Ciò in cui erano coinvolti questi ragazzi era razzismo. Era odio. Faceva paura. Sono un veterano dei Marine e so come può essere quella mentalità da bulli. Ho riconosciuto quegli sguardi. Questi giovani ragazzi bianchi americani che vengono istruiti nella loro scuola cattolica, con la loro dottrina, la loro verità, quando scoprono che là fuori c’è più di una verità si sentono offesi, hanno paura, ed è così che hanno risposto: una cosa che mi è stata insegnata nel mio allenamento con i Marine è che un uomo spaventato ti ucciderà, ed è quello che erano questi ragazzi. Ho paura per loro e per il nostro Paese».

«Gli anti abortisti si sentono tutelati dal presidente – osserva Shari, anche lei nell’organizzazione della Women’s March newyorchese – dopo essere stati dalla parte sbagliata della Storia ora tirano fuori l’aggressivitá e l’arroganza che hanno dovuto soffocare negli ultimi anni. È importante rimanere attivi e non lasciare a loro le strade».