Grande sobrietà, nessun discorso, ma enorme commozione a due anni dal massacro del 13 novembre 2015. Ieri, Emmanuel Macron e la moglie Brigitte, con la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, l’ex presidente François Hollande, alcuni ministri e cariche locali, hanno ripercorso i luoghi degli attacchi terroristici della serata del 13 novembre, dallo Stade de France al Bataclan, ai bar e ristoranti colpiti dell’XI arrondissement, che hanno fatto in poche ore 130 morti e 683 feriti. Gli Eagles of the Death Metal, che erano al Bataclan il 13 novembre 2015, hanno ricordato la tragedia con qualche nota di musica. Dopo il Bataclan, ci sono stati altri episodi, soprattutto Nizza con 86 morti il 14 luglio 2016. Prima, il 2015 aveva fatto entrare la Francia nell’era del terrore, con l’attacco a Charlie Hebdo e al supermarket kosher HyperCacher.

In due anni, la Francia è cambiata, si è abituata a vivere con il terrorismo di massa, i controlli sono dappertutto e vengono accettati, in linea di massima. Il 1° novembre la Francia è uscita dallo stato d’emergenza, dichiarato subito dopo il Bataclan. Ma molte misure d’eccezione sono ormai entrate nella legislazione comune (e la sospensione di Schengen durerà fino ad aprile del 2018). La democrazia ha finito per limitare se stessa, sotto i colpi dei suoi nemici.

Il primo ministro, Edouard Philippe, ha ricordato ancora ieri che «la minaccia terrorista resta molto alta», malgrado la fine del «califfato» di Daesh in Siria, dove centinaia di francesi sono andati a combattere e adesso cercano di tornare in patria. Sulla loro sorte, c’è dibattito: saranno giudicati in tribunale per gli atti commessi, «caso per caso» ha detto Macron, ci sono le famiglie, i bambini, alcuni nati nel Levante, che la Francia dovrà reinserire. Per i «radicalizzati» in Francia sono in atto dei programmi (l’ultimo è un esperimento fuori dal carcere, sul modello danese). Ma un veleno sottile si è insinuato nella società. Dopo Charlie Hebdo e l’HyperCacher c’era stata la grande manifestazione dell’11 gennaio a Parigi, un momento di unità poi irripetibile. Alcuni, allora, avevano criticato, affermando che i milioni in piazza non rappresentavano tutti i francesi. Oggi, questa faglia di fondo permane, la tenuta della società resta fragile. La vittoria di Macron è un argine all’odio distillato dalla sua sfidante, Marine Le Pen. Ma il problema resta, il risentimento di una parte della popolazione permane, il sentimento di esclusione di un’altra anche.