Dopo la San Francisco del bestseller mondiale La casa di sabbia e nebbia (1999), da cui è stato tratto l’omonimo film candidato a tre premi Oscar, con L’Amore sporco (Nutrimenti, trad. Giovanni Greco, pp. 333, euro 19,00) Andre Dubus III, classe 1959, ci propone un ritorno al mondo della provincia americana, la più antica e a lui più familiare, circoscritta a un’area del New England, compresa fra il New Hampshire e il Massachusetts, a nord di Boston e lungo la foce del fiume Merrimack.

È una regione che rimanda a storie canoniche e patriottiche della letteratura degli Stati Uniti. Eppure nelle pagine di Dubus III non c’è più nulla, se non il nome dei luoghi, che ricordi la gloria delle origini della nazione o l’operosità industriale otto-novecentesca: l’immagine delle fabbriche tessili chiuse e in rovina, un tempo fonte di ricchezza di queste contee (celebri le «mills» di Lawrence o di Lowell), ricorrono nella topografia di L’amore sporco a evocare solo lo spettro del passato.

Quello rappresentato qui è un paesaggio stanco, usurato dal tempo, ecologicamente inquinato, storicamente destituito e decaduto nel malessere sociale di una contemporaneità volgare e scardinata. Dubus III ferma lo sguardo su una middle-class mediocre, afflitta da fratture generazionali, matrimoni in crisi, adulti irresponsabili e adolescenti inquieti alle prese con le sfide di un futuro incerto attraverso le vie della musica rap, dell’alcol, del ritorno al fumo e soprattutto di una sessualità non più ‘liberata’, come fu nel risveglio degli anni cinquanta e sessanta, ma sprecata e giocata gratuitamente e virtualmente anche lungo i canali del chat e i portali dei social network del sesso (c’è un Fuckbook che fa da companion a Facebook).

Ciò che è andato perduto in questa provincia non sono solo i «valori» (come ai tempi di John Cheever, di Richard Yates o di Andre Dubus padre) ma la stessa capacità di amare.

Eppure, questo per Dubus III è il ‘paese dell’anima’. Qui, tra le frange più proletarie, egli è cresciuto, qui insegna (a Lowell, Massachusetts), qui ha rifondato la sua famiglia e, soprattutto, qui si è consumato il suo dramma personale, originato nell’adolescenza dall’abbandono della famiglia da parte del padre.

Dubus III conosce i traumi della famiglia che saranno al centro dell’Amore sporco. Ne parla nell’autobiografico I pugni nella testa (2010), in cui, attraverso l’atto catartico della scrittura, egli cerca, e trova infine, un risanamento postumo del suo rapporto conflittuale con la scomoda figura paterna: il più rinomato Andre Dubus, autore di ottimi racconti, che, sul piano della vita privata, seppe sottrarsi a imprescindibili responsabilità. Sembra di capire che solo attraverso il rito di passaggio salvifico percorso in I pugni nella testa ora il figlio riesca ad approdare alla «nera speranza» che, pur a prezzo di un panorama umanamente e socialmente sconsolante, balugina nel finale di ciascuna delle corpose quattro storie che compongono L’amore sporco.

La campionatura delle versioni dell’amore è scelta e anatomizzata con accuratezza e sapienza narrativa, grazie al sostegno di una scrittura lucida e misurata (anche in traduzione), spesso giostrata su un fluido mescolamento di piani temporali, di ininterrotta tensione fra evento fratturante e le sue conseguenze, e di un consonante rispecchiamento fra esterni e interni, interni anche mentali. Le quattro storie – indipendenti eppure intimamente legate non solo dalla geografia e dal sapore amaro ma dalle entrate e uscite di alcuni personaggi che da comparse in una storia si guadagnano il ruolo di protagonisti in un’altra – sdipanano quattro versioni generazionali dell’amore.

In Ascoltate attentamente perché sono cambiate le nostre opzioni è una coppia collaudata a subire il trauma dell’adulterio commesso da lei (nonostante il responsabile sia lui), stanca di vivere un matrimonio che il marito gestisce allo stesso modo in cui gestisce la sua azienda. Una crisi matrimoniale della mezza età come tante altre. Ma qui sono i dettagli del video scottante da lui commissionato a un detective, e ossessivamente guardato e riguardato per tre mesi, a dominare la scena dell’ultimo giorno del dramma, quando la coppia si ricongiungerà per provare a ricominciare una vita insieme, con «il cuore» di lui «una volta ancora dentro la testa perché di nuovo non sa se è all’altezza di tutto questo, questo cambiamento del cambiamento, mentre la porta si apre verso l’interno e lui si sistema e il viso di sua moglie, bello e sorpreso e in attesa».

Un porta che si apre e lascia alle spalle l’«amore sporco»: le chiuse di Dubus III sono magistrali. Così è anche in Marla, dedicato a una non più giovanissima impiegata di banca, obesa e malata di solitudine, in cerca di un compagno di vita. Lo trova in Dennis, un ingegnere elettronico, in sovrappeso come lei: due corpi gemelli che tuttavia devono imparare a sincronizzare, con i corpi, le emozioni e i ritmi delle rispettive vite da single per farli confluire in un’armonia di coppia.

Anche qui il finale risanatore inscena un interno: «Entrò nell’ingresso caldo. Aveva la fronte sudata. Sentì la porta chiudersi alle sue spalle e la grossa mano di lui sulla schiena. La ciocca di capelli le cadde di nuovo. Allungò la mano e la sistemò saldamente al suo posto, poi salì le scale una alla volta e giunse dov’erano le altre coppie, tutte quelle altre coppie sorridenti e felici». Il barman è Robert Doucette, un figlio di contadini che aspira a diventare poeta alla Robert Frost. Le poesie che non scrive e di cui si vanta sono la sua arma per conquiste di amori facili, fino all’incontro con Althea che sposa, solo perché in lei riconosce la sua musa. L’autore dell’adulterio in questo caso è lui. Dubus III sa calare la sonda con violenza brutale nelle viscere delle tragedie per poi riavvolgerla e far rilucere alla fine del tunnel l’ombra del riscatto che per Robert si affida agli occhi della moglie: «quelli che aveva ricevuto in dono grazie a una poesia mai scritta e che, ora lo sapeva, probabilmente non avrebbe mai scritto, occhi che non meritava, ma che sperava di guadagnarsi un giorno – occhi di nera speranza».

Se la «nera speranza» è un buon talismano per rimettere in gioco le carte della vita, più arduo è il compromesso salvifico per i due protagonisti dell’ultimo racconto, L’amore sporco, il più poetico. Con l’anziano Fancis e la giovane nipote Devon, vittima di una disavventura pornografica postata su Facebook, il lettore matura la verità di fondo che sedimenta come fondiglio nel mondo rappresentato da Dubus III: la disarmante «percezione che siamo tutti orribili e che la bellezza è una tregua e l’innocenza è una menzogna». Più difficile, questa volta, sembra l’uscita dal tunnel dei risvolti più oscuri dell’amore.