Il fantasma di James Joyce aleggia su ogni strada di Dublino, ma il suo instancabile peregrinare, di recente, è disturbato. Viene infatti tirato in ballo in questioni che hanno poco a che fare con l’arte, o con gli spazi del perennemente possibile a cui lo scrittore ci ha abituato.
È di qualche settimana fa l’assurda proposta di traslare in Irlanda i resti dei coniugi Joyce, che attualmente riposano tranquillamente a Zurigo, dopo l’esilio volontario di una vita. Ed è di questi giorni un’altra proposta assai discutibile che ha visto schierarsi pubblicamente intellettuali e scrittori, capitanati dal critico e biografo John McCourt e dal romanziere Colm Toibin.
L’obiettivo è scongiurare un epocale e irrimediabile errore di visione: i proprietari del civico 15 di Husher’s Island, la casa in cui si svolge la famosa cena del racconto I morti, resa eterna da un magnifico film di John Huston, hanno deciso di demolirne gli interni per farne un ostello con 56 stanze. La casa di Usher’s Island era stata ristrutturata nel 2000 per ospitare eventi culturali dedicati a Joyce, ma è stata venduta nel 2017 e i nuovi proprietari hanno scelto di non rispettarne il valore simbolico.
La svendita del patrimonio culturale è stata una delle cifre del boom economico in Irlanda, che ha sfigurato la capitale fino a renderla irriconoscibile a chi vi abbia vissuto nel secolo scorso.
Un esempio tra tutti, la trasformazione del quartiere dei docks in una foresta di algidi edifici di vetro che ospitano multinazionali come Google e Facebook, con la relativa gentrification e l’ascesa degli affitti alle stelle.
Ora, smantellare gli interni della casa de I morti, in cui abitarono le prozie di Joyce nell’ultima decade dell’ottocento, è l’ennesimo insulto a questa simbiosi tra luoghi dell’immaginario e spazi del reale, tipica di Dublino. La Dublino dei libri di Joyce si sovrappone alla città di oggi secondo percorsi a volte perturbanti che ci ricordano di come la grande letteratura non inventi nulla, ma semmai crei e plasmi la realtà in cui viviamo.
Demolire uno di questi importanti spazi dell’immaginario per farne l’ennesimo dormitorio turistico è un affronto all’idea stessa di una città, resa immortale dalla fantasia e dalla creatività di uno tra i suoi massimi artisti.