Resta la scrittura ribelle dei due cantanti, Aurélien «Komlan» Zohou e Hakim «Bouchkour» Meridja, che si fa a tratti più introspettiva, allusiva, analogica. Come in Inès, la cui chiave è l’imprevedibilità, inizia con voce e chitarra per poi finire diversamente, un brano in cui i sentimenti della protagonista vengono filtrati in controluce, attraverso la lente sensibile dell’autore, con la condizione delle donne nel mondo islamico. Come in À tort au à raison, un’alchimia solare e imprendibile, con la kora a dare colore, dove risuonano le difficoltà di crescere senza un padre in un ambiente ostile, che indugia inaspettatamente su una dimensione privata. Sono solo due dei momenti migliori di Millions, settimo album in studio del settetto di Saint-Étienne, ma il consiglio è di assimilarlo tutto d’un fiato. Infatti il disco può essere ascoltato per singoli brani o come un viaggio con alcuni punti di sosta. Va dritto al punto, va in direzioni differenti, ma torna sempre al cuore della faccenda come nella title track, un rigurgito al vetriolo sulla connivenza tra politica e malaffare. On est ensemble è l’avvio al fulmicotone che come Nos Armes o En Nous ha le antenne drizzate sul sentire comune di ribellione, per poi cambiare registro con titoli eloquenti come Authentique e Fake News, pretesti per uno sguardo sardonico su narcisismo digitale e post-verità. Non si sono imborghesiti i Dub inc, ma sono lì, anzi, a rimarcare la loro peculiare identità.