I drusi, o almeno quelli del Golan occupato, non si sono lasciati intimorire dagli avvertimenti lanciati ieri da Benyamin Netanyahu. «Troveremo gli autori del linciaggio e li assicureremo alla giustizia», ha detto il premier israeliano riferendosi a quanto accaduto nella cittadina di Majdal Shams dove circa 200 drusi hanno attaccato un’ambulanza e linciato un ribelle siriano ferito, forse un qaedista del Fronte al Nusra. Per la gente di Majdal Shams e dei villaggi drusi del Golan occupato, e anche per una porzione consistente di drusi israeliani in Galilea, deve cessare la politica di cooperazione mascherata con i ribelli siriani che Israele porta avanti da almeno due anni. «Non è stato giusto linciare quell’uomo ma non possiamo accettare che Israele aiuti chi uccide la nostra gente o si prepara a farlo», ci spiegava ieri al telefono Salman Masri, nome fittizio usato dal nostro interlocutore druso per nascondere la sua identità. «E a dire basta sono anche tanti drusi della Galilea», ha aggiunto per farci capire che la posizione dei drusi del Golan, che si definiscono cittadini siriani sotto occupazione militare (dal 1967, ndr), è condivisa anche da quelli «integrati» in Israele.

Siamo davanti a un altro capitolo insaguinato della guerra civile siriana. Crescono la paura e la voglia di resistenza di drusi, anche in armi, ai miliziani qaedisti di al Nusra – stretti alleati dell’opposizione “moderata” siriana finanziata e armata da Paesi arabi e occidentali – e dell’Isis, che li minacciano sempre più frontalmente. Per il salafismo più radicale, l’ideologia alla base di al Nusra e dell’Isis, i drusi, gli sciiti, gli alawiti, gli yazidi e le altre minoranze islamiche sono semplicemente “pericolosi infedeli”, un “cancro” da estirpare con stragi e la pulizia etnica e religiosa o, nel migliore dei casi, da risolvere con la schiavitù. All’inizio del mese 20 drusi, tra i quali diversi anziani e un bambino, sono stati massacrati dai miliziani di al Nusra nel villaggio di Qalb Loze, nel nord ovest della Siria. Un eccidio che ha accresciuto i timori dei drusi del Golan e in Israele per i loro fratelli in Siria. Il pericolo più immediato riguarda gli abitanti del villaggio di Khder, dall’altra parte delle linee di armistizio sul Golan, minacciato dall’Isis.

I drusi in Israele accusano il governo di inazione e chiedono che siano lasciati entrare i correligionari siriani minacciati dai jihadisti. Pur proclamandosi neutrale nella guerra civile siriana, in realtà il governo Netanyahu tifa per il fronte anti-Assad. Per gran parte dell’establishment israeliano politico e militare, Damasco deve cadere poichè la Siria, oggi molto più di qualche anno fa, è sotto l’influenza dell’Iran e dipendente dall’aiuto militare del movimento sciita libanese Hezbollah. L’esercito israeliano ormai soccorre in modo sistematico i feriti siriani, civili ma anche tanti miliziani anti Assad, inclusi i qaedisti al Nusra che da circa un anno controllano il versante siriano del Golan. Vice News ha documentato la presenza di jihadisti tra gli oltre mille feriti soccorsi (https://news.vice.com/video/the-war-next-door-part-1?utm_source=vicenewsyoutube) e curati nell’ospedale Zvi di Safed, dove sono stati ricoverati gran parte dei siriani fatti entrare nel Paese. Il governo Netanyahu replica che si tratta soltanto di un aiuto umanitario senza alcuna finalità politica.

Un caso recente ha puntato i riflettori sui controversi rapporti che Israele avrebbe con al Nusra. Sidqi Maqt, un druso di Majdal Shams, è stato arrestato alla fine di febbraio per “spionaggio”, in realtà per aver documentato e pubblicato sulla sua pagina Facebook i contatti segreti in corso lungo la frontiera. In un suo filmato si vedono due autobus bianchi con i combattenti di al-Nusra che entrano in una base dell’esercito israeliano. Maqt ha confermato ciò che le Nazioni Unite avevano reso pubblico qualche mese fa con un rapporto presentato al Consiglio di Sicurezza dalla Undof, la missione dell’Onu che supervisiona il confine tra Israele e Siria. Nel rapporto si riferiscono le frequenti interazioni tra esercito israeliano e combattenti armati siriani, tra cui il trattamento dei feriti, discussioni tra soldati e miliziani attraverso la recinzione e il passaggio dei camion dalla parte siriana alla parte israeliana della linea del cessate il fuoco.