Dopo anni di contestazioni, i drusi del Golan scendono in strada per riaffermare l’opposizione ai tre parchi eolici che Israele costruirà vicino ai loro villaggi. Mercoledì mattina in 300 hanno bloccato i lavori avviati dalla Energix e altre aziende israeliane su 430 ettari, quasi un quarto del terreno agricolo che controllano i 22mila drusi che vivono nell’area. Dieci dimostranti sono stati feriti dalla polizia, altri arrestati durante scontri avvenuti nei celebri frutteti del Golan e andati avanti per tre ore (la polizia riferisce di alcuni agenti rimasti contusi). In quei momenti nei villaggi di Majdal Shams, Buqata, Ein Qenia, Ghajar e Masaada si è fermato tutto, i negozi hanno abbassato le saracinesche, le scuole hanno chiuso i cancelli. Una manifestazione per la liberazione degli arrestati è stata poi organizzata davanti alla stazione di polizia della zona ed è andata avanti fino a ieri. La tensione è alta.

 È un misto di lotta politica e ambientalismo. «Protestiamo contro un progetto che di facciata vuole produrre energia pulita e che in realtà rafforza l’occupazione israeliana del Golan e ci strappa terreni agricoli, deturpando un territorio che è noto per la bellezza della natura e il suo paesaggio mozzafiato», spiega al manifesto Wael Taraibeh, uno degli attivisti della protesta e portavoce della ong Marsad che tutela i diritti della comunità drusa. «L’energia pulita di cui parlano è destinata alle colonie israeliane che vogliono espandere – aggiunge Taraibeh -, dopo il riconoscimento delle Alture del Golan come territorio israeliano fatto da Donald Trump (al quale sarà dedicata una nuova colonia, ndr), il governo Netanyahu fa come meglio crede ma per il diritto internazionale quest’area era e resta un territorio siriano. I drusi si sentono siriani e rifiutano la cittadinanza israeliana». In seguito all’occupazione del Golan nel 1967 la popolazione siriana venne espulsa o costretta a scappare e 340 centri abitati furono distrutti. Vennero risparmiati i cinque villaggi drusi intorno ai quali sono stati costruiti 36 insediamenti dove vivono circa 26mila coloni israeliani. Decenni dopo, il 25 marzo 2019, Trump ha proclamato a nome degli Stati uniti il Golan come parte di Israele, violando le risoluzioni internazionali.

Il progetto prevede tre parchi eolici nel nord e nel centro del Golan soprannominati Valley of Tears, Valley of Winds e Valley of God. Solo il primo è operativo. Con il via libera delle autorità la Energix domenica scorsa ha iniziato i lavori preparatori delle perforazioni di terreni vicino a Masadeh e Majdal Shams per la costruzione di 31 delle 52 pale eoliche previste – dal costo di 700 milioni di shekel, circa 215 milioni di dollari – alcune delle quali sorgeranno a poche centinaia di metri di distanza dalle case dei drusi. «Il progetto Energix è il più ampio, avrà gravi conseguenze per la salute e la sicurezza delle comunità (druse) siriane e colpirà la nostra tradizionale economia agricola. E tre dei nostri villaggi (Majdal Shams, Buqata e Masada) non potranno espandersi», dice Emil Masaud, contadino tra i leader della protesta.  Un piccolo parco eolico esiste già, sulla collina di Al-Asaniya, che gli israeliani chiamato il Monte dei Bnei Rasan. Le sue dieci pale, issate nel 1992, saranno sostituite da sei nuove pale alte 80 metri.

La Energix difende l’importanza del progetto, parte del piano nazionale approvato nel 2009 con l’obiettivo fissato al 10% di energia pulita rinnovabile a disposizione del paese. La compagnia inoltre afferma di aver raggiunto, negli anni scorsi, un accordo con diversi contadini drusi per poter alzare le pale sui loro terreni. «Alcune di quelle persone accettarono le offerte ricevute perché – afferma Taraibeh – la Energix non spiegò il progetto nella sua interezza. Quei proprietari si sentono ingannati, hanno compreso la pericolosità delle iniziative israeliane e chiedono di rescindere l’accordo raggiunto con la compagnia». «Anche i coloni sono contrari al progetto» conclude l’attivista «ma noi respingiamo la loro richiesta di unire le forze, i coloni sono una parte fondamentale dell’occupazione del Golan».