«I terroristi sono talebani o della Cia? Chiedetelo alle vittime dei droni». Il lenzuolo bianco con la scritta polemica viene immortalato da un fotografo dell’Ap. Dietro, a tenerlo tra le mani, giovani e vecchi attivisti della Fondazione pachistana per i diritti fondamentali (rightsadvocacy.org) o, chissà, i parenti delle vittime. Polemica antica, occorrenze quotidiane come quella di ieri in Waziristan, una delle aree tribali pachistane al confine con l’Afghanistan.

Secondo quanto riferisce la stampa locale un drone americano ha sparato ieri quattro missili per colpire una casa ritenuta un covo della Rete Haqqani, la fazione più cruenta e stragista dei talebani afgani che ha i suoi santuari in Pakistan. Il risultato però è stata una strage di 17 persone (altre due sono state ferite). Il drone ha centrato con due missili un’abitazione di Sirai Darpakhel, un’area vicina al bazar di Miranshah, capitale del Nord Waziristan, mentre altri due hanno preso di mira un’automobile. Il probabile obiettivo dell’attacco con l’aereo senza pilota era forse il comandante Haji Shahrifullah, figura di spicco nella catena di comando della Rete Haqqani, che ha però fatto sapere di essere sano e salvo.

Si tratta del più grave episodio di questa natura da quando il neo premier Nawaz Sharif si è insediato il 5 giugno a capo del nuovo governo civile del Pakistan uscito dalle elezioni dell’11 maggio (l’8, dopo appena tre giorni, un raid simile ha ucciso sette persone sempre in Waziristan) e del terzo da che il nuovo primo ministro ha visto, dopo la tornata elettorale, la possibilità di ottenere il suo terzo mandato. Il governo pachistano ha reagito immediatamente accusando gli Stati uniti – non è la prima volta – di violare la sovranità del Paese. Ma in questa occasione la tensione tra i due Paesi, che ha una lunga storia da che nel 2001 Washington chiese a Islamabad il permesso di sorvolo per bombardare l’Afghanistan, si è fatta ancora più spessa per via del fatto che la fine dei raid è stato uno dei punti fermi della campagna elettorale di Nawaz Sharif. Tre attacchi nel giro di due mesi, l’ultimo dei quali con un bilancio molto pesante, rischiano di minare l’autorità del nuovo premier a nemmeno metà dei 100 giorni dal suo insediamento. Per Nawaz Sharif non è solo questione di politica estera, anzi: proprio qualche giorno fa una lettera della Fondazione che abbiamo citato gli ricordava che la giustizia pachistana ha definito formalmente «illegali» i raid entro i confini del Pakistan. C’è un problema di consenso oltre al fatto che non si può perdere la faccia a un mese dall’insediamento.
Le proteste ufficiali per gli attacchi con i droni sono per altro rituali ma l’Amministrazione Obama, che della tecnica degli aerei telecomandati ha fatto il perno della sua strategia anti talebana, fa orecchie da mercante nonostante l’alto bilancio di vittime civili e i risultati non eclatanti negli «omicidi mirati» di capi talebani. Dall’inizio dell’anno, solo due personaggi di spicco sono stati colpiti (Mullah Nazir in gennaio e Waliur Rehman in maggio) ma secondo una ricerca del Bureau of Investigative Journalism, tra il 2004 e il 2013, delle circa 3.460 persone che sarebbero state uccise dai droni 890 sarebbero civili: sostanzialmente un innocente ogni due e mezzo supposti guerriglieri.

La guerra pachistana, per certi aspetti più grave di quella che si combatte in Afghanistan, continua anche su altri fronti: solo ieri almeno sei agenti della sicurezza son stati uccisi (sei i feriti mentre altri due sono scomparsi) in un attacco di militanti islamisti a un checkpoint di Peshawar, la capitale della provincia occidentale del Khyber Pakhtunkhwa e capoluogo delle aree tribali amministrate dal governo federale (Fata) ma ampiamente autonome. È un fronte ampio, che si nutre della guerra afghana (come nel caso degli Haqqani), delle azioni dei talebani pachistani (Tehrek-e-Taliban Pakistan) e delle stragi settarie contro la minoranza sciita (specie in Balucistan) la cui responsabilità è stata più volte rivendicata dal gruppo oltranzista Lashkar-e-Jhangvi. Una galassia variegata e con obiettivi differenti ma che non esclude contaminazioni. *Lettera22