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A volersi divertire con le iperboli verbali della Lega nord e dei Fratelli d’Italia, quello che ieri ha ottenuto la fiducia alla Camera sul testo di conversione in legge del decreto Lorenzin sugli stupefacenti è «un governo di spacciatori». Di tutt’altro avviso Carlo Giovanardi, autore della legge annullata dalla Consulta nel febbraio scorso per, a suo dire, «un cavillo procedurale» e che il suo partito avrebbe voluto ripristinare in sede parlamentare con le stesse modalità giudicate incostituzionali dall’Alta Corte: «Con grande soddisfazione vedo che il testo ricalca perfettamente il mio», ha detto promettendo però in Senato la battaglia del Ncd per cambiare «il nodo sulla cannabis ogm, inserita nella stessa tabella della cannabis naturale a dispetto del più alto contenuto di Thc». Ovviamente per la maggioranza di 335 deputati che hanno confermato la settima fiducia al governo Renzi (contro i 186 no, tra cui quelli di Sel), il testo che questa mattina in diretta tv verrà con ogni probabilità licenziato dalla Camera è il miglior compromesso possibile tra due opposte tendenze.

D’altra parte Giovanardi ha promesso fuoco e fiamme anche sul cambio al vertice del Dipartimento delle politiche antidroga, ripristinato sul modello americano proprio ai tempi della sua legge incostituzionale. E ha avviato una campagna coltello ai denti per riconfermare Giovanni Serpelloni, il controverso capo indiscusso del Dpa che dal 9 aprile scorso è stato rimosso dal premier Renzi e che avrebbe dovuto rientrare al suo posto di lavoro presso la Asl di Verona ma starebbe invece raccogliendo firme in suo favore, secondo quanto riferito dal giornalista di Radio Radicale, Roberto Spagnoli. Decisamente contrari a riconfermare «lo tzar antidroga» e favorevoli invece a voltare decisamente pagina nella politica sugli stupefacenti smantellando completamente il Dipartimento, si sono detti invece tutti i rappresentanti del cartello di organizzazioni e partiti che ieri in una conferenza stampa a Montecitorio ha chiesto una nuova «cabina di regia che coinvolga Stato, Regioni, enti locali, associazioni e operatori», oltre a risorse per la rete di intervento e cura delle dipendenze e a una nuova normativa sulle droghe che, superando anche l’impostazione della Jervolino-Vassalli e del testo unico 309/90, sia più adatta all’«era del post-proibizionismo».

Antigone, Cnca, gruppo Abele, Forum Droghe, FederSerd e La società della ragione hanno anche “promosso”, in fin dei conti, il decreto Lorenzin così come emendato dalle commissioni Affari sociali e Giustizia della Camera. Viste le ambizioni delle forze proibizioniste in Parlamento e al governo. «Il dl Renzi-Lorenzin ha cancellato le tabelle antiscientifiche e ideologiche della Fini-Giovanardi che in questi anni ha intasato prefetture e servizi di persone segnalate per l’uso di cannabinoidi – ha spiegato Pietro D’Egidio, presidente da un paio di mesi della FederSerd, la federazione dei Sert –. Nel decreto si prende anche atto che la terapia della dipendenza da oppiacei non è finalizzata fin da subito al “recupero totale” e che gli operatori dei servizi cureranno solo chi vuole farsi curare e non svolgeranno più la funzione impropria di controllore». Di parere opposto invece è il deputato Daniele Farina di Sel che da decenni si occupa di droghe e di carcere e che ieri, intervenendo alla conferenza stampa delle associazioni, ha spiegato: «Non porre la fiducia avrebbe potuto aprire la discussione su temi che non hanno ancora trovato spazio». Assicura Farina che «i proibizionisti di Lega, Ncd e Fli non hanno i numeri per peggiorare il testo, né alla Camera né al Senato». E che «anche una parte del Pd si è mostrata sensibile ad un testo più avanzato» che preveda «la non punibilità della coltivazione a uso personale», un «nuovo comma 5 (la lieve entità) differenziato», la «rideterminazione della pena per i condannati definitivi in base alla legge incostituzionale Fini-Giovanardi» e la «cancellazione delle sanzioni amministrative». «Qualcosa di questo poteva uscire dall’Aula, così come ha rischiato di uscire in commissione. Danno ridotto dunque ma per il governo, non certo per il Paese», aggiunge Farina polemico con il manifesto.

È vero comunque che il decreto Lorenzin non risolve il problema degli «8-9 mila condannati in via definitiva per detenzione di cannabis» ricordati dal presidente di Antigone Stefano Anastasia che in conferenza stampa ha chiesto all’amministrazione penitenziaria di «individuare e sollecitare questi detenuti a chiedere l’incidente di esecuzione per farsi rideterminare la pena» dopo la cancellazione della Fini-Giovanardi che prevedeva sanzioni più dure. Né il decreto risolve il problema della normativa sulle droghe ferma all’approccio proibizionista degli anni ’90. «Il Cartello che ha riunito a Genova 500 militanti, operatori, politici, consumatori, nel nome di Andrea Gallo e FederSerd» chiedono al governo di organizzare entro la prossima primavera «una grande conferenza sulla politica delle droghe». La «prima vera conferenza nazionale dopo quella di Genova di 14 anni fa e dopo le altre due di Palermo e Trieste organizzate dai governi di centrodestra», come ha ricordato il garante dei detenuti della Toscana Franco Corleone. «Noi la chiediamo, ma chi la convoca?»