Reinhold Messner che debutta come regista è uno dei motivi di maggiore curiosità del 65° Trento Film Festival che chiude domenica. Lo storico appuntamento con il cinema di montagna e avventura si conferma con molti motivi di interesse e una capacità di richiamo anche grazie alle iniziative che integrano il programma cinematografico. Still Alive – Dramma sul Monte Kenya è la storia di Gert Judmaier e Oswald Ölz, medici tirolesi che nel 1970 partirono alla conquista della vetta africana. Durante la discesa, Gert cadde rompendosi una gamba e l’amico e compagno di cordata scese a dare l’allarme, per poi risalire e medicarlo in attesa dei soccorsi che arrivarono dall’Austria e dopo una settimana riuscì a portarlo in salvo. Messner divenne amico dei due in ospedale a Innsbrück, dove era ricoverato per le conseguenze dell’incidente sul Nanga Parbat che costò la vita a suo fratello Günther.

Per anni l’alpinista ha pensato di raccontare quella vicenda in un film, durante i quali è stato esploratore, europarlamentare per i Verdi e tante altre cose. Il film, che non ha ancora distribuzione italiana, ha lo stile del suo autore: ambizioso, diretto mai ammiccante. Girato tra Kenya e la sua Solda, mescolando interviste ai protagonisti e amici e ricostruzioni di finzione, Still Alive funziona, ha tensione, fa sentire una passione genuina per la montagna, è spettacolare anche grazie a innumerevoli riprese aeree.

Tra i titoli in concorso, spicca poi Gulistan, Land of Roses della regista curda che vive in Quebec Zayne Akyol. Partita sulle tracce di un’amica emigrata in Canada e poi tornata a combattere per la causa del suo popolo e morire in combattimento nel 2000, la regista trova un gruppo di guerrigliere che si addestrano sotto la guida di Sozdar. È lei, determinata, lucida, pronta a fare ciò che è necessario compreso morire, ma non fanatica, la protagonista di un doc ben scritto, dove emerge una figura di donna dal volto molto cinematografico che racconta motivazioni e paure delle sue allieve, decise a lottare per il Kurdistan e soprattutto contro l’Isis.

I fantasmi dell’Isis si spingono tra le montagne del nord del Libano, dove è girato Those Who Remain di Eliane Raheb. L’anziano Haykal, cristiano maronita che vuole mantenere lassù la propria comunità e sistema la casa per i figli che non tornano, vede dalla finestra il confine siriano. Ricorda la guerra degli anni ’70, le mille divisioni, la lotta per le terre, i contrasti e gli interessi incrociati delle diverse località e i sogni falliti di un’azienda agricola, di un ristorante e di un parco per proteggere la natura sopravvissuta ai conflitti.

Nella sezione Terre alte un gioiellino è Blank Lands del collettivo Blank Lands, ovvero Federico Peliti, Alessandro Galluzzi e Luca Tommasini. La scoperta delle immagini e del talento di Zhang Xueben, fotografo di Shanghai che negli anni ’30 viaggiò nell’ovest del Paese immortalando volti e tradizioni che sarebbero scomparsi. Inaugurò di fatto l’antropologia visiva in Cina con un lavoro appassionato e incessante che durante la Rivoluzione culturale fu rimosso fino a essere dimenticato. I registi lo rievocano attraverso le parole del figlio, che lo conobbe all’età di 10 anni, quando Xueben tornò dalla sua esplorazione. Interessante la coproduzione italo-svizzera Oltre il confine. La storia di Ettore Castiglioni di Andrea Azzetti e Federico Massa, ricostruzione della figura dell’alpinista, scrittore (Hoepli ha pubblicato Il giorno delle Mésules – Diari di un alpinista antifascista) e antifascista morto nel 1944 sulle Alpi Retiche durante una missione in Svizzera.