Quando nel 1984 Akira Toriyama pubblicava sulla rivista Shonen Jump la prima storia di Dragon Ball, il mangaka giapponese era già un nome popolare e dal tratto assai riconoscibile nel panorama del fumetto nipponico. Dal 1981 infatti aveva creato le bizzarre e divertenti avventure di Dr Slump e Arale, un manga delirante dai toni demenziali, ma dalla carica quasi anarchica, che sarebbe diventato popolare anche in Italia grazie alla trasposizione animata durante gli anni ottanta.

Dragon Ball però si sarebbe rivelato per l’autore giapponese e per la cultura pop del Sol Levante tout court qualcosa di assolutamente inaspettato e senza precedenti per impatto e conseguenze, sia in patria che all’estero.
La prima storia di Dragon Ball fu pubblicata il venti novembre del 1984, 35 anni fa, più di tre decenni durante i quali Son Goku e le sue avventure avrebbero ammaliato i lettori e gli spettatori dei cinque continenti. La storia si ispira a Sayuki, la versione giapponese di Viaggio in Occidente, un classico della letteratura cinese pubblicato nel sedicesimo secolo d.C. e che vanta moltissime versioni cinematografiche e per il piccolo schermo: basti ricordare almeno Goku no daiboken, prodotto dalla Mushi Production di Osamu Tezuka nel 1967.

La storia del monaco buddista e del suo viaggio, accompagnato dai suoi compari la scimmia, il demone ed il maiale, verso l’India per ottenere degli importanti testi buddisti, in Dragon Ball si trasforma nelle avventure di Son Goku alla ricerca delle sette sfere magiche, anche qui accompagnato da un cerchia di amici. Alcuni dei tratti distintivi del manga e delle serie televisive realizzate sono l’impiego delle arti marziali per sconfiggere i malvagi di turno e l’importanza data, come spesso accade nei manga di questo genere pubblicati su Shonen Jump, all’amicizia fra i protagonisti ed alla collaborazione e l’unione di questi per raggiungere l’obiettivo finale.
Il successo della creazione di Terayama e la longevità dell’universo da lui immaginato hanno naturalmente molte concause.

Innanzitutto il tono comico delle storie, che offrono allo stesso tempo anche una serie quasi infinita di combattimenti, senza poi dimenticare il tratto rotondeggiante e quasi caricaturale utilizzato per raffigurare i protagonisti. La capacità di evolversi delle storie, fra pianeti ed universi paralleli, e la crescita del protagonista stesso – da bambino lo seguiamo fino al suo diventare adulto – sono forse alcuni dei segreti della continua popolarità di Dragon Ball. Assieme alla capacità di raccontare storie, forse semplici ma comunque capaci di catturare l’attenzione del lettore e dello spettatore.

Importante è stato poi, come spesso accade in questi casi nei quali un prodotto finisce per svilupparsi in veri e propri franchise, il lato economico e quello del merchandise, che hanno fatto sì che Dragon Ball si trasformasse anche in una macchina da soldi senza precedenti. Il manga è tutt’oggi il secondo per numero di copie vendute, e alle storie raccontate sulle pagine dei fumetti si sono affiancate negli anni due serie animate principali, Dragon Ball e Dragon Ball Z, ed una miriade di storie secondarie e di spin-off. Ma anche venti lungometraggi animati per il grande schermo, spesso ai primi posti fra gli incassi annuali, senza contare poi le varie pubblicazioni cartacee extra manga ed i videogiochi, le carte da collezione, i giochi di ruolo, i film live-action (da dimenticare) e le action figure. Il successo di Dragon Ball in questi decenni è stato così esteso e massiccio che ha avuto un impatto sulla cultura pop a livello internazionale, tanto che molti analisti lo hanno paragonato, con le dovute differenze, a quello di Star Wars.

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