«Fiducioso», però non «molto», su un accordo in extremis tra Italia e Commissione europea. E’ solo la «percezione personale» di Mario Draghi. Basta a raffreddare la tensione e abbassare lo spread, che chiude intorno ai 310 punti.

Nella conferenza stampa seguita alla riunione della Bce si è parlato molto di Italia. Sul resto, il futuro rialzo dei tassi d’interesse e le strategie da adottare dopo la fine Qe, Draghi è stato ancora interlocutorio. Sull’Italia, il presidente della Bce ha inviato un messaggio che va colto più tra le righe che nelle parole esplicite. Non ci sarà nessuna mediazione della Bce nel contenzioso tra Italia e Commissione europea ma arriva in compenso un consiglio preciso per far calare lo spread: «Raffreddare i toni e non mettere in questione l’architettura istituzionale dell’euro». Raggiungere un’intesa, prosegue Draghi, «è questione di comune buon senso» e lo stesso vicepresidente della commissione Ue Dombrovskis, sottolinea il presidente, «dice che bisogna dialogare».

E’ DIFFICILE CREDERE che Draghi speri davvero in una ricucitura all’ultimo momento. Ma abbassare la tensione calmierando da una parte e dall’altra le intemperanze da campagna elettorale e rassicurare i mercati sul rischio più temuto, l’eventualità di un’uscita dell’Italia dall’euro, è la sola via per abbassare lo spread. Draghi minimizza i rischi di contagio: «Forse qualche ricaduta c’è, ma limitata». Indica invece una minaccia precisa: «Non ho la palla di cristallo per dire a quanto arriverà lo spread, ma certamente questi bond sono nel portafogli delle banche e se si svalutano impatteranno sul loro capitale».

E’ il nuovo scoglio che attende il governo italiano. Se non ci saranno reazioni esplosive al verdetto che S&P emetterà stasera, l’Italia avrà scansato il pericolo di un’impennata selvaggia del differenziale, tale da affondare in pochi giorni il sistema bancario. Ora però si presenta un rischio diverso, quello di un logoramento più lento ma inesorabile che porterebbe comunque alcune banche, in particolare Carige e Mps, a dover ricapitalizzare e che sta già sortendo effetti negativi sulla disponibilità al prestito delle banche, cioè che sta già toccando l’economia reale. Si spiega così la furia del presidente di Confindustria Boccia, che attacca frontalmente il governo: «Siamo arrabbiati. Non si può governare un Paese dicendo che te ne freghi dello spread». Il rischio è ben presente anche alle componente più avveduta del governo. Lo stesso Salvini, pur senza rinunciare alla spavalderia – «dialogo sì ma alle nostre condizioni» – assicura che il governo è pronto a intervenire «in modo diverso dal passato». Quali possano essere questi «modi diversi» resta però oscuro.

DRAGHI, INFINE, ha ricordato che il solo strumento a disposizione della Bce per aiutare i singoli Stati è l’Omt (l’acquisto di titoli di Stato a breve termine sul mercato secondario), condizionato «al varo di un programma con Esm (il Fondo salvastati) e a una valutazione del Paese da parte della Bce». Questo perché il mandato della Banca è «la stabilità dei prezzi non il finanziamento del deficit». In concreto, l’Omt potrà essere usato per l’Italia solo dopo l’accettazione di un commissariamento.

Forse è proprio questo passaggio a far saltare i nervi ai 5S, che in serata si lanciano in un attacco tanto duro quanto sgangherato contro il presidente della Bce: «Se i mercati stanno prezzando la possibile uscita dall’euro è perché ogni giorno, da parte dei commissari europei e, spiace dirlo, anche del governatore arrivano attacchi all’Italia». Per quanto riguarda i commissari dare torto ai 5S è impossibile, ma coinvolgere Draghi per aver raccomandato di rassicurare i mercati sulla non volontà di uscire dall’euro appare pretestuoso. E infatti gli stessi 5S, a porte chiuse, spiegano la loro irritazione con il mancato intervento di Draghi a difesa dell’Italia sul fronte dello spread. E’ certamente questa la critica del miinistro Savona, che sferra un attacco più laconico ma molto più tagliente: «Ognuno si assume le sue responsabilità. Se la responsabilità del sistema bancario passa nelle mani della Bce, dovrebbe essere la Bce a intervenire. Rimanderemo la manovra a Bruxelles tale e quale».

L’OBIETTIVO DI SAVONA, si sa, è quello di arrivare a una riforma che faccia della Bce una vera banca centrale. E’ per questo che cerca di forzare la mano a Draghi. Ma la scelta di attaccare, tanto più se con gli argomenti confusi dei 5S, la sola figura europea che stia cercando di abbassare la tensione, oltre a Angela Merkel che mercoledì ha discusso la crisi italiana con Juncker, è quanto meno autolesionista.