L’appuntamento è fissato per martedì a palazzo Chigi. Dopo l’ultimo incontro, finito con il presidente del consiglio stizzito che lasciò il tavolo per un «impegno», Draghi e i sindacati si ritroveranno per riavvicinare le posizioni sulla manovra. L’ordine del giorno della convocazione parla solo di pensioni e il tema rischia di tramutarsi in una trappola per Cgil, Cisl e Uil.
Più probabile invece che si parli altrettanto del taglio delle tasse da 8 miliardi. Su questo tema ieri da piazza Santi Apostoli Maurizio Landini è stato preciso: «È il momento che vadano in un’unica direzione, quella di aumentare il netto in busta dei lavoratori e dei pensionati», attaccando Confindustria: «Se facciamo la somma delle risorse date alle imprese, a pioggia, dal 2013 al 2021 si arriva a 170-180 miliardi. Abbiamo fatto un Pnrr a sostegno delle imprese. Ora con 8 miliardi stiamo chiedendo il minimo indispensabile», aggiunge Landini aggiungendo la richiesta di «una lotta senza quartiere all’evasione fiscale e al lavoro nero».
Se venerdì inaspettatamente pare che anche l’ultrà liberista Francesco Giavazzi – ora consigliere economico di Draghi – si sia detto d’accordo a destinare tutti gli 8 miliardi al taglio del cuneo a favore dei salari, la richiesta di sgravi alle imprese del presidente di Confindustria Carlo Bonomi appare isolata.
Per ora la posizione del governo è quella di lasciare la decisione al parlamento, anche perché Salvini continua a chiedere risorse per la Flat tax per imprenditori e lavoratori autonomi fino a 100 mila euro.
Passando alle pensioni, una delle richieste principali di Cgil, Cisl e Uil riguarda proprio gli edili che sono scesi in piazza ieri. «La commissione Damiano ha certificato come gli edili siano la categoria con l’aspettativa di vita più bassa, per questo serve un super Ape sociale che permetta di andare in pensione a 63 anni con 30 – e non 36 – di contributi riconoscendo la discontinuità lavorativa che caratterizza il settore», ricorda Alessandro Genovesi della Fillea Cgil.
La distinzione fra i lavori è al centro della piattaforma sindacale sulle pensioni. «Non possiamo continuare ad avere un sistema pensionistico che ha portato l’età di uscita a 67 anni. Bisogna introdurre una flessibilità da 62 anni», afferma Landini. Altro punto focale è la pensione contributiva di garanzia – lanciata nel 2011 dal professor Michele Raitano – che consentirebbe ai precari di andare in pensione a 65 anni con circa mille euro lordi grazie al riconoscimento degli anni di attività e la copertura ex post dei buchi contributivi dovuti alla precarietà.
Ma è sul metodo che Landini, Sbarra e Bombardieri non si fidano del governo. La convocazione di Draghi è arrivata a legge di Bilancio già blindata nonostante da primavera scorsa Cgil, Cisl e Uil chiedessero un confronto per superare strutturalmente la riforma Fornero. Il falso mantra di Draghi «ritornare al contributivo» (che non se n’è mai andato nemmeno con Quota 100) non spaventa i sindacati. Molto di più il rischio che parta un confronto non a palazzo Chigi oppure che nel frattempo Draghi traslochi al Quirinale. Se la Cisl è aperta a qualsiasi soluzione, se la Uil chiede impegni sul prossimo Def, la Cgil punta ad avere risultati subito, già nella legge di Bilancio e a chiudere su pensione di garanzia e flessibilità da 62 anni prima dell’elezione del prossimo presidente della Repubblica.
«Non ci può essere un primo tempo e poi un secondo tempo, che poi non vedremo, come è successo in passato perché poi i governi cambiano – spiega Landini – . Martedi vogliamo chiedere al governo che si impegni ad avviare un confronto che accompagni questa discussione sulla legge di Bilancio sia per apportare miglioramenti sia per una vera riforma delle pensioni».