«C’è un dialogo in corso, sono sempre stato fiducioso che un accordo possa essere raggiunto, quindi non credo sia opportuno commentare». Mario Draghi dribbla le domande, anche insistenti, sull’Italia da parte dei parlamentari della commissione economica Ue. Del resto nell’audizione a Bruxelles del presidente Bce c’è talmente tanta carne al fuoco – si va dai segnali di rallentamento dell’economia continentale al calo dell’indice di fiducia delle imprese tedesche, passando per la richiesta del settore bancario di nuovi finanziamenti Tltro destinati questa volta all’economia reale – che Draghi non vuole, né potrebbe, aggiungere altro sul caso italiano.

PIUTTOSTO IL PRESIDENTE della Banca centrale europea ricorda, all’intera eurozona, che si dovrà continuare a camminare su un sentiero obbligato: «L’area dell’euro può essere esposta a rischi che originano da politiche domestiche insostenibili che portano a debiti troppo alti, vulnerabilità del settore finanziario e mancanza di competitività». Sono rischi «che possono contagiare paesi con fragilità simili o forti legami con quelli dove il rischio è originato».

DRAGHI RIPERCORRE la storia degli ultimi anni, e osserva: «Il debito alto aumenta la vulnerabilità. Una lezione che molti paesi hanno imparato è che, quando la crisi ha colpito, non avevano spazio nel bilancio per intervenire, perché il debito era troppo alto. Ora abbiamo una ripresa e tassi molto bassi, e questo deve essere usato per abbassare il debito, perché il prossimo ‘evento’ potrebbe richiedere ai governi di avere spazio di bilancio».

In altre parole, avverte Draghi, «dovremo essere pronti quando colpirà la prossima crisi». Una crisi temuta. Dovuta anche (soprattutto?) a fattori esterni come la Brexit e la guerra dei dazi fra Usa e Cina. Una possibilità di fronte alla quale Draghi, che annota un’inflazione ancora a poco più dell’1% e ben lontana dal 2%, è pronto nuovamente a stendere una rete di protezione: «Per far sì che l’inflazione continui a muoversi verso il nostro obiettivo in modo sostenuto, un grado significativo di sostegno dalla politica monetaria è ancora richiesto e sarà mantenuto, anche dopo la fine del programma di acquisto di titoli». Insomma il 13 dicembre il Qe finirà (e comunque i titoli di Stato già in pancia alla Bce saranno rinnovati), ma nuovi aiuti al settore bancario, vedi i nuovi Tltro, sono già in rampa di lancio. Perché, chiude Draghi, «le incertezze chiedono pazienza, prudenza, e persistenza nel calibrare la nostra politica monetaria».