Glielo chiedono due volte e lui risponde con un tono perentorio e secco che non ammette repliche: «Lo escludo». Si parla dell’eventualità di una discesa in campo politico di Mario Draghi, magari nelle vesti del «federatore del centro»: la risposta è definitiva. Già che ci si trova, il premier si toglie anche il sasso dalla scarpa: «Tanti mi candidano a tanti posti in giro per il mondo. Ma se per caso decidessi di lavorare dopo questa esperienza un lavoro me lo trovo anche da solo». La mancata elezione alla presidenza chiaramente brucia, ora ci manca solo che chi non lo ha voluto presidente voglia decidere del suo futuro.

È IL SOLO ACCENNO alle reazioni dopo la battaglia persa del Colle che Draghi, in conferenza stampa, concede. Sintetico ed eloquente. Aggiunge un particolare esplicito, non ci sarà nessun rimpasto nel governo, e un altro implicito: la decisione di non mettere la fiducia sulla riforma del Csm, l’annuncio di voler concordare con il parlamento qualche modifica (lieve) alle norme di controllo sulla cessione dei crediti per il Superbonus sembrano dire che il monito di Mattarella ha prodotto qualche risultato e che nella seconda fase del suo governo Draghi concederà al parlamento qualche spazio in più.

LA CONFERENZA stampa è convocata per illustrare la riforma del Csm ma si parla moltissimo di economia, del decreto contro il caro bollette che sarà varato la settimana prossima, del braccio di ferro in corso tra maggioranza ed esecutivo sul Superbonus. Le sfide del governo, spiega il premier sono tre. La prima è il caro energia, «priorità assoluta perché minaccia di strozzare la crescita». Date le dimensioni dei rincari non si potrà evitare l’impatto su famiglie e aziende, ma lo si deve almeno smussare. Poi l’inflazione, che morde con minor ferocia e dovrebbe iniziare a scendere entro l’anno però morde. Infine il Pnrr dove però «sta andando molto bene».

DRAGHI CONFERMA la tempistica del decreto contro il caro bollette, la prossima settimana, ma non quantifica. Di certo lo stanziamento supererà i 5 miliardi, forse di parecchio, ma l’ammontare preciso probabilmente non è definito nemmeno per Draghi e per il ministro dell’Economia Daniele Franco, seduto al suo fianco. Senza scostamento di bilancio bisognerà dunque vedere quanto si riesce a raggranellare. In compenso Draghi anticipa che stavolta non si tratterà solo di sostenere le famiglie più in difficoltà e le imprese che rischiano di perdere competitività, colpendo a fondo la ripresa e vanificando la crescita. Quella sarà la prima voce, va da sé, ma bisognerà anche mettere mano a rimedi più strutturali, «con il potenziamento delle rinnovabili e delle fonti di energia». Insomma dandoci sotto con quel tanto, o quel poco, di gas che il sottosuolo italiano offre. Terza voce, lo stoccaggio, per assicurare alle industrie «fornitura di energia a prezzo basso, calmierato».

I RISULTATI delle iniziative strategiche annunciate da Draghi non si vedranno in tempi immediati. Sono pensate guardando al futuro prossimo perché, sottolinea Franco, «oltre a gestire questa situazione difficilissima dobbiamo evitare che si ripeta». Probabilmente, dunque, a giugno sarà necessario un nuovo sostegno. Lo scostamento di bilancio, che il premier neppure cita, è comunque escluso. I dati sul debito che il governatore di Bankitalia annuncerà oggi e quelli sul rapporto debito/Pil che l’Istat comunicherà il primo marzo sono molto buoni, anticipa Draghi. Lo spread sale ma meno che altrove. Però è anche vero che «partiamo da una base di spread e da un volume di debito molto alti». Quindi bisogna «spendere bene e vigilare sul debito». Senza scostamenti.

QUANDO si arriva al Superbonus e alla richiesta dei partiti di allentare i controlli sulla cessione dei crediti, tanto il premier quanto il ministro dell’Economia lasciano trapelare una franca irritazione. Intorno al mercato dei crediti dei bonus, trasformati di fatto in moneta fiscale priva di controlli, sono state montate, con le parole di Franco, «truffe tra le più grandi che questa Repubblica abbia mai visto». Le cessioni sospette ammontano, per ora, a 4 miliardi, quelli già sequestrati sono 2,3. Draghi va giù durissimo contro i 5S: «Alcuni di quelli che più tuonano e dicono che le frodi non contano sono quelli che hanno scritto questa legge, costruendo un sistema senza controlli. Il Superbonus si è fermato non per il divieto di cessioni ma per i sequestri deliberati dalla magistratura». Cioè per colpa di chi ha voluto così la legge. Insomma qualcosa si potrà modificare per far ripartire il mercato, magari permettendo un susseguirsi limitato di cessioni, due o tre movimenti tracciati con apposito codice. Ma i controlli resteranno.

I 5S ESPLODONO. In una nota informale definiscono «semplicemente una falsità» l’attribuzione delle frodi al Superbonus. Chiedono al ministro «un’informativa urgente in aula». Su questo fronte Draghi e Franco non cederanno.