Mario Draghi smentisce la notizia per cui la Bce sia in “trattative con il governo italiano sull’acquisto di pacchetti di prestiti in sofferenza e la loro accettazione come collaterale da parte delle banche in cambio di liquidità. “Non so da dove prenda questa storiella” ha risposto all’intervento dell’eurodeputato vallone Sander Loones che ieri ha riproposto il tema nel corso di un’audizione al Comitato affari economici e monetari del Parlamento europeo, originariamente convocato per fornire delucidazioni sull’accordo sulle attività finanziarie nette (Anfa) concluso tra le banche centrali nazionali.

Nell’audizione Draghi ha dovuto escludere allusioni, avanzate soprattutto dai paesi del Nord Europa (ma non solo) sempre sui presunti favoritismi della Banca Centrale Europea diretta dal banchiere italiano verso il governo impegnato nel varo delle norme sul “bail-in”. “Non c’e’ nessun negoziato con l’Italia sull’acquisto di sofferenze delle banche italiane – ha ribadito Draghi – non compriamo assolutamente niente”. E ha precisato che sono solo in atto valutazioni per verificare se “le sofferenze in Asset backed securities (Abs, le obbligazioni emesse per finanziarsi attraverso titoli creati dalle banche) possano essere accettate come collaterali”. Per allontanare da sé i sospetti di parzialità Draghi ha ricordato che il meccanismo di vigilanza unico (Ssm) è stato creato per garantire un’applicazione coerente e super-partes della supervisione all’Eurozona. In questo momento, dato che la normativa sul salvataggio delle banche sono da poco entrate in vigore, è difficile pensare a una loro revisione. Per Draghi è urgente informare i correntisti e aiutarli a comprendere il rischio degli investimenti.

I casi citati sono quelli delle banche fallite in Italia e in Portogallo. La richiesta di revisione del bail-in, caldeggiata da più parti in Italia, è stata respinta da Francoforte. Il «bail in» europeo è considerato da Draghi un «cambiamento notevole che riteniamo per il meglio, perché in questo modo i soldi dei contribuenti non saranno più utilizzati come malauguratamente è successo durante la crisi. La maggior parte dei Paesi ha più o meno le stesse regole» che «possono funzionare bene se le banche dispongono di una capacità di assorbimento delle perdite sufficiente».«Le nuove regole hanno contribuito al crollo delle banche» ha riconosciuto Draghi secondo il quale le nuove regole europee hanno avuto un ruolo nell’ondata di vendite che ha colpito il settore del credito. «Il calo dei prezzi azionari delle banche – ha spiegato Draghi – è stato amplificato dalla percezione che le banche potrebbero dover fare di più per adeguare i propri modelli di business per il contesto di tassi di interesse più bassi e il quadro normativo internazionale rafforzato che è stato messo in atto dopo la crisi».Ieri l’intervento di Draghi è servito a rianimare i listini di borsa. Ieri Piazza Affari volgeva al bello con un +3,19% a quota 17.041 punti, mentre l’Ftse Italia All Share ha guadagnato il 3,19% a 18.574 punti.

Sulla possibilità di rinvigorire un quantitative easing che per il momento non ha raggiunto gli effetti sperati, Draghi si è detto pronto a intervenire, nel caso in cui le turbolenze di borsa mettessero a rischuio la stabilità dei prezzi. Ciò detto, il banchiere non si è sbilanciato sulle nuove misure che il consiglio direttivo della Bce potrebbe varare a marzo per rafforzare il «QE», né si è dilungato sull’ipotesi di interventi mirati a sostegno della banche penalizzate dal ribasso iniziato a gennaio. Sotto osservazioni sono «la trasparenza nella riduzione dei prezzi delle commodity e del petrolio e gli effetti di secondo livello sui salari interni e sui prezzi. In secondo luogo, alla luce delle ultime turbolenze finanziarie – ha continuato Draghi – analizzeremo il livello della trasmissione degli impulsi monetari da parte del livello finanziario in particolare da parte delle banche». Per sostenere una crescita anemica «diventa sempre più chiaro che le politiche di bilancio debbano sostenere la ripresa attraverso investimenti pubblici e tassazione bassa» ha continuato Draghi. «Circa metà della ripresa degli ultimi due anni può essere attribuita alle scelte della Bce: anzi, negli ultimi quattro anni la nostra è stata l’unica politica di stimolo» nell’Eurozona. Auspicate le «misure strutturali per migliorare l’ambiente degli affari e le infrastrutture pubbliche sono vitali per aumentare gli investimenti pubblici, aumentare il lavoro e la competitività».

La strada è segnata: è quella dell’«austerità espansiva», un paradosso che la Bce spiega con la tesi della quadratura del cerchio: queste presunte «politiche espansive» non devono turbare le politiche di tagli e rigore di bilancio. «Rispettare le regole del Patto di stabilità e crescita resta essenziale per mantenere la fiducia nel quadro». Nulla di nuovo sotto il sole.