Dietro una coltre di schede bianche sembra prendere corpo per la prima volta l’elezione di Mario Draghi alla presidenza della Repubblica. Ma la volata non parte, l’accordo sul nome del nuovo premier non decolla. Allo stesso tempo, però, i tentativi di trovare un nome alternativo a quello dell’attuale presidente del consiglio che tenga insieme almeno tutta la maggioranza vanno a vuoto e lo stallo si configura come irresolubile. Con un’ombra pesante in più: Mario Draghi avrebbe fatto capire molto chiaramente che la sua permanenza a palazzo Chigi non sarebbe sicura con qualsiasi capo dello Stato. Più precisamente, sarebbe garantita solo con la permanenza di Sergio Mattarella o con l’elezione al Quirinale di Giuliano Amato. Nel caos di queste ore è difficile dire quanto ci sia di vero. Quel che è certo, in compenso, è che nelle sale e nei corridoi del seggio di Montecitorio tutti lo danno per assodato.

NELLA GIRANDOLA di colloqui che costella la giornata tutti incontrano tutti, gli amici litigano, come capita a Enrico Letta e a Giuseppe Conte, i nemici si abbracciano e firmano addirittura un comunicato congiunto, come fanno lo stesso Letta e Matteo Salvini, gli ex amici passati dall’amore all’odio, mentre Conte e Matteo Salvini, si scoprono «in totale sintonia». È ordinaria amministrazione nel primo giorno di un’elezione del presidente della Repubblica che parte al buio pesto. Molto meno ordinaria è l’entrata in campo diretta del presidente del consiglio. In mattinata Draghi incontra Salvini, in serata parla al telefono con Letta e con Conte. Corre voce di una telefonata anche al degente del san Raffaele Silvio Berlusconi, ma dagli spalti di Forza Italia smentiscono.

IL COLLOQUIO FRA Draghi e Salvini però non sblocca la situazione. Sul tavolo c’è il governo, perché la chiave per risolvere il rebus del Colle è quella, ma su quel fronte opinioni e intenzioni dei due divergono. Draghi vuole scegliere il premier e per il resto cambiare la squadra il meno possibile, anche se sa che la testa della ministra degli Interni Luciana Lamorgese è il prezzo minimo da pagare per l’accordo. Salvini vuole molto di più: un rimpastone che renda politico, e al massimo livello, l’esecutivo. Il leader della Lega esce dalla raffica di incontri convinto che la destra debba presentare alla quarta votazione una rosa di candidati. Il petalo vero sarebbe Elisabetta Casellati. È donna, è presidente del Senato e dunque la si può contrabbandare come candidatura istituzionale. Si tratta di un azzardo in piena regola. È molto difficile che Enrico Letta la accetti e gli stessi 5 Stelle non la digerirebbero facilmente, anche se non è escluso che su quel nome una qualche intesa fra Salvini e Conte ci sia. Inoltre potrebbero votarla i grandi elettori che propongono l’ex giudice costituzionale Paolo Maddalena, in pura funzione anti Draghi. Ma l’eventuale elezione di Casellati spaccherebbe la maggioranza e spingerebbe Mario Draghi verso la direzione d’uscita da palazzo Chigi. Naturalmente ci sono ancora 48 ore utili per individuare un nome alternativo sul quale far convergere tutti. Ma gli esiti dei vertici e delle trattative di ieri confermano che si tratta di una missione impossibile.

NEL VERTICE del centrosinistra del mattino per il Quirinale Giuseppe Conte fa due nomi: Elisabetta Belloni, direttrice generale del Dis, e la disponibilità a concordare con il centrodestra l’elezione di Franco Frattini. La prima proposta viene respinta senza appello. La seconda la cestina, alzando i toni, Letta. Sulla disponibilità ad accogliere una candidatura «presentabile» espressa dalla destra i pareri sono opposti e non si conciliano. Con Salvini l’«avvocato del popolo» ipotizza Pier Ferdinando Casini ma il leghista non si accontenta. Vuole qualcuno che sia più chiaramente espressione del centrodestra. Ma lì, nonostante le insistenze di Conte, resta il pollice verso del Pd tanto che ancora ieri sera nel quartier generale dei 5S circolava il nome di Elisabetta Belloni.

TUTTI SPERANO ancora in san Sergio, quel ripensamento di Mattarella che congelerebbe la situazione fino alle prossime elezioni politiche e soprattutto l’unica garanzia certa di portare la legislatura sino al naturale compimento nel 2023. Strada piena di sole ma non percorribile. Giorgia Meloni, in mattinata, oltre a mettere in campo il suo candidato di bandiera Carlo Nordio, boccia il bis di Mattrella e Matteo Salvini non intende rompere la fragile unità della coalizione. Di un nuovo Mattarella si riparlerà solo se la situazione si avviterà in modo drammatico. Per come stanno andando le cose, non è escluso che succeda.

Errata Corrige

Nel primo giorno di votazioni per il Quirinale piovono schede bianche in un vortice di incontri tra leader. Draghi direttamente in campo: vede Salvini e chiama Letta e Conte. La trattativa sull’eventuale nuovo governo non decolla. Per la destra spunta la carta Casellati, ma aleggia lo spettro della crisi