«Bisogna fare qualcosa poter migliorare una situazione inaccettabile sul piano della sicurezza sul lavoro – ha detto ieri il presidente del consiglio Mario Draghi in un incontro informale con i cronisti a Palazzo Chigi – Rivolgo un pensiero commosso e affettuoso a tutti coloro che volevano bene a Laila El Harim. Due mesi fa era la D’Orazio [Luana, ndr.] e così via, ogni giorno. E’ stato fatto molto ma occorre fare molto di più». In attesa di sapere cosa, mentre in Italia muoiono tre lavoratori in media al giorno, ieri il ministro del lavoro Orlando ha detto di considerare anche una «patente a punti» per le imprese. «Qualificare le imprese e stabilire la loro storia, individuare i recidivi è una delle forme per contrastare questa piaga». Una proposta che sembra convergente con quella dell’altro ieri: il curriculum delle imprese. In attesa di capirne di più, ad oggi sembra che lo Stato non abbia gli strumenti, né il personale degli ispettorati del lavoro oltre che dell’Inps, dell’Inail e delle Asl per individuare, sanzionare e fare chiudere le imprese che mettono a rischio la vita dei lavoratori. Lì dove muoiono andrebbero chiuse, non stilate classifiche. Per contenere la storica carenza di ispettori del lavoro Orlando ha detto che è in corso un concorso per oltre 800 persone, per un totale di 2 mila in più. Si tratterebbe del concorso di cui parlava il predecessore Di Maio già nel 2018.

Ieri si è svolto anche un incontro tra governo e parti sociali sul green pass nei luoghi di lavoro. Nulla di fatto. Imprese e sindacati, pur con accenti diversi, aprono all’idea di utilizzare il pass come misura di sicurezza sul lavoro ma chiedono che il governo si assuma la responsabilità con una legge e pongono diverse questioni, a partire da chi debba sostenere i costi dei tamponi che i lavoratori che non si vaccinano dovrebbero fare ogni due giorni. Confindustria non intende sostenere i costi dei tamponi per chi non si vaccina. Per i sindacati il pass non deve servire per licenziare, demansionare o ridurre gli stipendi.