Quantitative easing per tutti dal 9 marzo, 60 miliardi al mese per un tempo indefinito, “fino a quando sarà necessario” per riportare l’inflazione a “un livello vicino ma inferiore al 2%”, ma non per la Grecia. “No, tu no”, ha detto chiaramente Mario Draghi ieri a Tsipras, in una conferenza stampa tenuta a Nicosia, capitale di Cipro.

La Grecia non avrà, per il momento, accesso al QE, in attesa di passare gli esami nei quattro mesi di limbo dell’estensione del piano di aiuti fino a fine giugno (del resto, vista la piccola partecipazione al capitale della Bce, ne avrebbe avuto una minima parte). In più, non ci sarà per Atene un rialzo del tetto di 15 miliardi di euro per l’emissione a breve di Buoni del Tesoro, perché la Bce è “fondata sulle regole” e “non è un’istituzione politica”, ha precisato Draghi: la Bce ha già raddoppiato i prestiti alla Grecia (100 miliardi di euro al mese, pari al 68% del pil) e toccato il tetto massimo. Il rubinetto di liquidità chiuso il 4 febbraio scorso non viene riaperto, anche se Draghi promette di essere pronto a “ripristinare” l’accettazione in garanzia le obbligazioni greche per il rifinanziamento (c’è già stata la concessione di 500 milioni con l’Ela, la liquidità di emergenza, ha ricordato). Ma, prima, il governo Tsipras dovrà aver dimostrato di applicare le “riforme”, cioè si vedrà intanto come verrà accolto, lunedì, il programma in sei punti che Yanis Varoufakis deve presentare all’Eurogruppo, per convalidare l’estensione del piano di aiuti di 4 mesi, fino a giugno. Varoufakis, in difficoltà, ha evocato l’esistenza di “un pianoB”, ma ha ricordato che tutti i calcoli sono stati fatti tenendo conto dei finanziamenti Ue.

Intanto, Draghi bacchetta il governo greco, che con “alcune parole” sconvenienti ha “creato volatilità”. E per chi non avesse capito bene come funzionano le cose, c’è l’intervista di Jean-Claude Juncker al El Pais, dove il presidente della Commissione mette in guardia gli spagnoli: se votano Podemos, ci sarà un “blocco totale della Ue”, perché “le proposte di alcuni partiti (Syriza, Podemos) non sono compatibili con le regole europee”. La Grecia come farà a pagare? Oggi Atene deve versare 310 milioni all’Fmi, “una priorità” anche per il ministro delle finanze Yanis Varoufakis, che ha promesso che farà “uscire il sangue dalle pietre” per rispettare la scadenza. Il 13 marzo, l’Fmi aspetta un nuovo rimborso di 334 milioni di euro, seguito il 16 e il 20 marzo da altri due rimborsi per un totale di 1,5 miliardi (l’Fmi ha prestato alla Grecia 32 miliardi di euro e non pagare significa default immediato). Inoltre, oggi scade anche il rimborso di 875 milioni di euro di Buoni del Tesoro, che sono nelle mani di banche straniere.

All’orizzonte, ci sono poi i 6,7 miliardi da restituire alla Bce, per Veroufakis “un’altra categoria” rispetto ai rimborsi dovuti all’Fmi. E poi c’è il rimborso al Fesf, il Fondo salva-stati, che ha finanziato la Grecia con 142 miliardi. Il presidente del Fesf, il tedesco Klaus Regling, non poteva essere più chiaro: la Grecia “deve restituire fino all’ultimo centesimo”, ha affermato in un’intervista al principale quotidiano economico tedesco, Hadelsblatt. Un’eco all’affermazione del ministro delle finanze, Wolfang Schäuble: “la Grecia non avrà un euro” prima di aver dimostrato che rispetta gli impegni. Regling è stato particolarmente irritato dalla nuova evocazione, da parte di Varoufakis, della possibilità di un taglio del debito, una ristrutturazione “intelligente” con la riconversione di parte dei crediti ottenuti dal Fesf in obbligazioni, con rimborsi indicizzati “sull’evoluzione del nostro pil”. Regling, inoltre, giudica “inaccettabili” le critiche di Tsipras ai governi di Spagna e Portogallo, buoni allievi dell’austerità, accusati dal premier greco di “aver tentato di spingere i negoziati (Ue-Grecia) sull’orlo del precipizio per evidenti ragioni di politica interna”.

Per gli altri, c’è l’offensiva monetaria del quantitative easing, che del resto “ha già prodotto effetti positivi” fin dall’annuncio dello scorso gennaio, ha sottolineato Draghi. La Bce ha rivisto al rialzo le previsioni di crescita della zona euro: 1,5% e 1,9% per quest’anno e il prossimo (contro 1 e 1,5), grazie al “calo del prezzo del petrolio, ai tassi di cambio e alle misure di politica monetaria della Bce”. L’inflazione sarà riportata a +1,8% nel 2017 (quest’anno sarà O). “Ci attendiamo che nel prossimo futuro la ripresa si ampli e si rafforzi gradualmente” ha detto Draghi. A una condizione (avvertimento per Francia e Italia): che venga rispettato il Fiscal Compact, “chiave della fiducia nella nostra politica di bilancio”.