C’è stato un tempo in cui la Cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente della Banca Centrale Europea (Bce) Mario Draghi si scambiavano convenevoli. Draghi parlava di buone relazioni di lavoro, Merkel riconosceva il suo apporto alla «competitività europea». Da quando la Bce ha intrapreso la politica di alleggerimento quantitativo (Quantitative easing) – la politica monetaria «non convenzionale» con tassi di interessi ultra bassi e denaro a poco prezzo – le cose non sono più quelle di una volta. La Bce e Berlino, e la Bundesbank, azionista di peso a Francoforte, sembrano vivere su universi paralleli.

Il banchiere italiano – è stato detto a Berlino – metterebbe a rischio i risparmi delle Sparkassen tedesche e i fondi pensionistici dei tedeschi. Il ministro delle finanza Wolfgang Schauble ha sostenuto che la politica della Bce «porterà al disastro» e ha il 50 per cento di responsabilità dell’Eurotower della crescita del partito anti-europeo Alternative für Deutschland (Afd). Un calcio negli stinchi al banchiere allievo di Federico Caffé.

Al termine del board della Bce che ieri ha lasciato inalterato il costo del denaro, Draghi si è speso in una fervida difesa della sua politica ultra-espansiva. Combattivo con i falchi tedeschi, conciliante con il potente Schauble, ha scandito: «Abbiamo un mandato per perseguire la stabilità dei prezzi per l’intera Eurozona, non solo per la Germania – ha detto – Noi obbediamo alla legge, non ai politici, perché siamo indipendenti, come stabilito dalla legge». Poche volte si erano ascoltate parole così nette dall’austero banchiere. Segno che, per la prima volta, ha deciso di mettere sul palcoscenico le tensioni politiche prodotte dai risultati al momento insoddisfacenti del «Qe».

Tensioni che lo investono personalmente, a partire dalla sua nazionalità, argomento scottante in Germania: «Pensate che un presidente non italiano avrebbe adottato una politica monetaria diversa?» ha domandato. Per Draghi la risposta è «No». Draghi ha portato la testimonianza del suo predecessore Trichet: «avrebbe fatto le stesse cose». Il sostegno unanime del consiglio direttivo della Bce dice un’altra cosa. Oggi un tedesco sarebbe messo in minoranza, creando lacerazioni sulle decisioni che invece Draghi ha fatto digerire ai partner europei in nome della legge del «Whatever It Takes».

Enunciata il 26 luglio 2012, significa: «sarà fatto tutto il necessario» per salvare la moneta della discordia: l’euro. Per questo Draghi invoca la riconoscenza dei tedeschi. La «legge» costitutiva della Bce risponde ai dogmi della loro dottrina monetarista. Altra frecciata, diretta anche ai governi con i quali il presidente della Bce intrattiene una polemica sul fatto che non fanno le «riforme strutturali»: tagli, privatizzazioni, liberalizzazioni di welfare, mercato del lavoro e pensioni. «Con rare eccezioni, la politica monetaria è stata l’unica negli ultimi quattro anni a sostenere la crescita».

Draghi ha parlato al cuore del risparmiatore tedesco, impaurito dalla copertina dell’11 marzo di Handelsblatt che raffigura il banchiere mentre si accende un sigaro con una banconota da 100 euro. Il «Qe» ha generato importanti guadagni a vantaggio proprio dei fondi a cui hanno affidato pensioni e i risparmi. I tassi reali sono «molto più alti di quanto fossero 20-30 anni fa». «Bisogna resistere alla tentazione di criticare» questa scelta in continuazione, dato che i tedeschi ne stanno beneficiando. Draghi ha comunque ammesso che «i fondi pensioni e assicurazioni sono pesantemente toccati dai tassi negativi».

In questa disfida su chi comanda in Europa, Draghi ha tenuto a ricordare la tregua raggiunta con Schäuble in un incontro dell’Fmi a Washington. Il potente ministro avrebbe smentito l’accusa di favorire l’ascesa di Afd. Ma la tensione resta alta: solo dieci giorni fa Schäuble ha detto che i tassi ai minimi causano «problemi enormi» alle banche e ai pensionati tedeschi e mettono a rischio il sostegno tedesco all’integrazione europea. Merkel e Weidmann hanno preso le distanze.

È un gioco delle parti. Per fugare dubbi e sospetti, Draghi ha escluso di pensare di lanciare soldi dall’elicottero – la teoria dell’«helicopter money»: dare denaro ai cittadini, invece che a banche e Stati. Draghi l’aveva definita «molto interessante». Apriti cielo. La sola idea aveva fatto impazzire i tedeschi. «Non ne abbiamo mai discusso» ha precisato ieri, dicendosi «piuttosto sorpreso dall’interpretazione delle mie parole». L’economia reale risponde con lentezza.

L’inflazione, già bassa, «tornerà negativa» e risalirà lentamente, ma al di sotto del 2%. «Continueremo con le misure che giudichiamo adeguate» almeno a marzo 2017. «Qe» portato a 80 miliardi di euro al mese, il tasso principale allo 0%, -0,40% sui depositi bancari, 0,25% il rifinanziamento marginale. Resteranno così, o di meno, oltre la fine del piano di acquisti nel settembre 2017. «Dobbiamo essere pazienti. Dobbiamo aspettare» ripete Draghi. Il tempo è scaduto, per milioni di europei. A cominciare dai giovani disoccupati, la «generazione più istruita di sempre» alla quale ieri il banchiere ha dedicato uno sconfortato tributo.