La cabina di regia che si riunisce alle 17 a palazzo Chigi, poco dopo la conclusione del consiglio dei ministri che ha licenziato il decreto per facilitare le misure del Pnrr, è affollatissima. Con Mario Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco ci sono tutti i capidelegazione al governo e i responsabili economici di ciascun partito della maggioranza. È l’ultimo appuntamento prima del varo della legge di bilancio, fissato per oggi e che a questo punto non dovrebbe più slittare anche se ieri sera il cdm che varerà manovra e decreto concorrenza non era ancora convocato.

L’ANNUNCIO DEL SEMAFORO verde non arriva dalla stanza gremita di palazzo Chigi ma dall’esterno, dalla viva voce dell’ostacolo numero uno in persona: Matteo Salvini. Il leghista è sicuro: «Questione di ore, domani si chiude. Troveremo una soluzione che tenga conto dei diritti di lavoratori e lavoratrici». La proposta ufficiale della Lega, quota 41, cioè in pensione con 41 anni di contributi a qualsiasi età, è di bandiera. «Non sarà questo governo a fare quota 41», conferma un altissimo ufficiale leghista e spiega perché non se ne preoccupa troppo: «Questo è un governo emergenziale per un altro anno. Poi un nuovo governo farà la vera riforma con quota 41». Per il resto richieste poco esose: un fondo per i lavoratori delle piccole imprese, più il pochissimo che il governo ha già concesso. Robetta.

SUL FRONTE POLITICO Draghi non incontra ostacoli. Su quello sociale le cose sono meno facili. Dopo la clamorosa rottura di martedì i sindacati aspettano che il governo ufficializzi la legge di bilancio per annunciare la mobilitazione. Ma i leader stanno ben attenti a non pronunciare la formula al tritolo, sciopero generale. Manifestazioni e scioperi quelli sì, ma è una protesta che il Pd può reggere. Se invece i sindacati decidessero di usare l’arma più potente, le cose per Letta si metterebbero molto peggio. Draghi comunque uno spiraglio lo ha aperto: si è detto pronto, l’anno prossimo, a discutere di flessibilità in uscita, ma senza intaccare la riforma Fornero.

IL GOVERNO, o più precisamente la sua ristretta tolda di comando, comunque tira diritto come al solito. In cabina di regia Draghi e Franco hanno confermato sia le dimensioni complessive della manovra, 23,4 miliardi, sia la ripartizione dei fondi già stabilita la settimana scorsa. Significa che per le pensioni ci saranno appena 600 milioni, cifra esigua che permette pochissimo. Tanto meno la riforma complessiva che chiedono i sindacati e che Draghi non vorrebbe neppure se potesse permetterselo. «Bisogna pensare ai lavoratori non solo di oggi ma anche di domani», ha detto ieri il premier rivolto ai sindacati internazionali del Labour 20. Elsa Fornero, in una accorata lettera aperta al segretario della Cgil Maurizio Landini, chiede di «pensare ai giovani». Tra Draghi e la ex ministra la sintonia è perfetta. I giovani, con questo sistema, la pensione non la vedranno neppure col binocolo ma tant’è. Il problema sarà risolto alla radice.

DALLA CABINA DI REGIA Draghi e Franco un segnale comunque lo mandano. Quota 102 ci sarà ma solo per il 2022. La mancanza di riferimenti ai due anni successivi sembra aprire a una ripresa di dialogo con le parti sociali sulla quale ha molto insistito il Pd. Ape Social e Opzione Donna saranno quasi certamente prorogati, anche in questo caso solo per un anno. In più ci sarà un fondo per aiutare i lavoratori in maggiore difficoltà. Tanto per fare contenta la Lega. In realtà nessuna forza politica della maggioranza, tranne forse Italia viva, è soddisfatta. Ieri Beppe Grillo ha delineato una sua proposta, destinata a non uscire dai confini del suo blog. L’Ape Social e Opzione Donna vanno nella direzione indicata da Orlando e dal Pd. Però le voleva permanenti mentre Draghi ha chiarito martedì ai sindacati che la proroga non andrà oltre il 2022. La Lega è stata sconfitta su tutta la linea anche se porta a casa come premietto di consolazione un argomento forte da usare in campagna elettorale.

IL REDDITO DI CITTADINANZA, ha poi stabilito la cabina di regia, verrà sì confermato con fondo ampliato per raggiungere la platea nel frattempo allargatasi, ma dal secondo rifiuto di un lavoro «congruo» proposto, l’assegno inizierà a essere decurtato. Il tetto per il superbonus delle abitazioni monofamiliari sarà fissato a un Isee di 25mila euro. Nessun passo avanti sul fisco: la legge, salvo sorprese, si limiterà a stanziare il fondo di 8 miliardi. Di cosa farci se ne parlerà più avanti. Le linee della manovra sembrano dunque fissate ma la certezza si avrà solo quando la legge di bilancio sarà effettivamente varata.

Nessun dubbio invece sul dl per il Pnrr, già approvato. Prevede la costituzione di un comitato per la Spending Review di stanza al Mef e presieduto dal Ragioniere generale dello Stato. Per il Turismo, settore flagellato dalla crisi Covid, sono stati stanziati 2,4 miliardi.