Rallentamento globale nell’Eurozona e ancor di più in Italia. Al punto che la Bce torna in campo, con il presidente Mario Draghi che apre a un ulteriore slittamento del rialzo dei tassi e avverte: non abbiamo esaurito le munizioni. Mancano pochi mesi alla fine del mandato dell’italiano alla guida della Bce, ma Draghi ha deciso di rispondere anche al capo economista di Deutsche Bank convinto che la Bce, che a differenza della Fed americana non ha alzato i tassi nei mesi scorsi, non abbia più cartucce. La risposta di Draghi è arrivata ieri: «Non siamo a corto di strumenti per adempiere al nostro mandato – ha avvertito – l’impegno a realizzare il nostro obiettivo implica anche vigilanza e prontezza nei rispondere ai rischi futuri, se le prospettive di medio termine dovessero continuare a peggiorare significativamente».
E dunque la stretta monetaria, che fino a un anno fa doveva arrivare a metà 2019, può attendere. L’effetto collaterale è la compressione dei margini d’interesse realizzati dalle banche, a causa dei tassi a minimi record. Per aiutarle a fronteggiare le difficoltà non è in arrivo soltanto un nuovo round di maxi-prestiti Tltro. «Se necessario – ha anticipato Draghi – rifletteremo su possibili misure che possano mantenere il sostegno dato dai tassi negativi all’economia, mitigandone gli effetti collaterali». Sul tavolo dei governatori a Francoforte ci sarebbe un nuovo regime sui depositi overnight: alle banche che parcheggiano qualcosa come 2.600 miliardi di liquidità in eccesso potrebbe non esser più applicato un penalizzante -0,40% secco, ma un regime differenziato in grado di risparmiare una parte dei depositi. Inevitabile la reazione sui mercati alle notizie da Francoforte, con le banche in forte rialzo.
Sul fronte italiano il realismo sembra fare breccia anche nel governo. Nelle previsioni tendenziali del quadro macroeconomico che il governo si appresta ad inserire nel Def che sarà presentato al parlamento il 18 aprile, quelle a legislazione vigente che si verificherebbero nel caso in cui da qui alla fine dell’anno non fossero varate altre misure economiche oltre a quelle della legge di bilancio, il Pil crescerà nel 2019 di appena lo 0,1% e dello 0,6% nel 2020. Un taglio netto rispetto all’1% e all’1,1% stimati per i due anni a fine dicembre. Le nuove stime del governo, tradizionalmente più ottimista rispetto alla maggior parte dei previsori nazionali ed internazionali, sembrano questa volta sostanzialmente allineate, se non leggermente inferiori, rispetto al consensus generale. Confindustria parla di crescita zero per il 2019, Fitch ha indicato solo una settimana fa un aumento del Pil proprio dello 0,1%, mentre la Commissione europea stima per il nostro Paese un altrettanto modesto +0,2%.