I mercati sono piume al vento. La loro aleatorietà è stata definita un «sentimento». Ieri quello di Piazza Affari a Milano si è incupito dopo che il presidente della Bce Mario Draghi ha messo il suo carico da novanta sugli equilibri pericolanti del governo Renzi. Dopo di che c’è stato uno scossone. Giusto nel finale di seduta la borsa ha perso l’orientamento lasciando sul terreno un meno 1,94 per cento. In rosso anche tutti gli altri listini del vecchio continente. L’umore della finanza italiana è diventato pessimo dopo la registrazione dell’Istat sulla recessione (-0,3% nel primo semestre 2014) e l’ uno-due di Draghi di ieri all’incapacità del governo Renzi di «fare riforme» e «tagliare le tasse». Considerato il momento difficile dell’esecutivo,potrebbe essere una mossa da Ko, ma Renzi l’ha presa sportivamente: «Giusto dobbiamo rimettere in ordine l’Italia».

Sulla plancia di comando di Draghi ci sono le prospettive negative di crescita in Europa turbate dalla guerra delle sanzioni tra Russia e Unione Europea. Quest’ultima è una considerazione di scuola perché lo stesso governatore ha ammesso che la geopolitica ha un ruolo «difficile da valutare» sulla macro-economia. Più immediatamente spendibili per i pokeristi dei listini sono state altre parole: «Gli indicatori confermano che la ripresa nell’area dell’euro resta moderata ma disomogena» ha detto Draghi. Una frase che ha volatilizzato per un giorno i capitali sui cieli europei. Il «sentimento» vorace del nuovo capitalismo pretende dalla Bce velocità nell’erogare i soldi promessi con le iniezioni di liquidità (Tltro) finalizzate ai prestiti alle aziende (diventeranno operative da settembre). E poi occorrerà tempo per capirne gli effetti.

Troppo macchinoso per i mercati che cercano la droga monetaria che Draghi distilla con troppa lentezza. Poi c’è lo scenario deflazionistico che turba le riunioni del consiglio Bce. «Se dovesse cambiare lo scenario di medio e lungo termine dell’Eurozona – ha detto Draghi – potremmo usare misure non convenzionali incluso il quantitative easing, l’acquisto su larga scala di titoli». Per il momento i tassi restano allo 0,15%.

E poi c’è il capitolo Renzi. A differenza dell’Europa, dove Draghi sostiene che il mercato del lavoro stia migliorando senza soffermarsi troppo sulla qualità o la durata di questo lavoro, anche nel nostro paese la «disoccupazione resta alta». La sua teoria è questa: più «riforme strutturali» ci sono, più in fretta «aumenterà l’occupazione». In Italia, invece, queste riforme mancano e per questo l’occupazione non cresce. In fondo è quello che dice lo stesso Renzi che però non sembra avere inteso l’ordine delle priorità indicato da Draghi. Per lui viene prima la riforma del Senato e della legge elettorale, e poi la precarizzazione del lavoro e misure a favore delle imprese. In entrambi i casi sono esclusi investimenti pubblici.

Renzi ha fatto trapelare di avere apprezzato la tesi delll’importanza strategica delle riforme. Dunque ha preso la mossa di Draghi come un’esortazione a recuperare il «deficit» di riforme in materia fiscale (insufficiente il bonus Irpef da 80 euro al quale non è stata ancora trovata una copertura certa). Contro questo rischio di interpretazioni Draghi è stato chiaro: chiede anche all’Italia di «cedere sovranità» su queste riforme sul modello di «quello fatto a livello di bilancio», il «Fiscal Compact». Si parla della riforma della giustizia civile, quella della burocrazia che impedisce di «fare impresa» imponendo «8-9 mesi» per ottenere un permesso. Le «riforme strutturali sui mercati dei prodotti». Criticata la carenza di «investimenti privati» e la debolezza della «domanda interna». Draghi ha poi assicurato che passerà le vacanze in Italia. «Ma non parteciperò alla ripresa del paese». Su questo non ci sono dubbi.