Chi meglio di uno scrittore può raccontare la cultura e l’identità di un Paese come la Serbia dei nostri giorni? Quando lo scrittore in causa è uno come Dragan Velikic, tra i più apprezzati in Europa, al piacere dei tanti dettagli e delle tante curiosità si aggiunge anche quel sentimento misto di amore per le proprie origini e di amarezza per come vanno le cose nel proprio Paese. I suoi saggi e romanzi si nutrono di riflessioni sui mali del presente, di visioni e slanci poetici. Questa intervista è stata realizzata in parte nel New City Hotel a Nis in occasione del Nisville Festival , in parte nel villaggio di Sicevo dove la sua famiglia aveva combattuto contro l’occupazione nazista, in parte nella sua casa a Belgrado tra agosto e settembre 2021.

Da direttore della casa editrice di Radio B92 tu eri schierato contro il guerrafondaio Milosevic ma oggi sei contro il governo ‘democratico’ di Vucic . Perché?
Dopo la morte di Tito e l’avvento di Milosevic, la mia generazione sperava in una società democratica e libera. Invece siamo governati da una classe al governo ignorante, corrotta e affaristica, molto compiacente con la criminalità. Belgrado è diventata la città simbolo di questo intreccio tra politica, affari e criminalità, basta vedere il Belgrade Water Project che sta cambiando il volto della città e sul quale si riversano fiumi di denaro da Usa, Russia e Paesi Arabi. La corruzione è la regola. Nessuno sa più niente dell’inchiesta sui misteri di quella notte tra il 24 e il 25 aprile del 2016 quando gruppi di uomini mascherati con passamontagna bloccavano i passanti, sequestravanoi cellulari delle persone nel quartiere Savamala, abbattevano edifici improvvisamente senza autorizzazione alcuna. E nessuno comprende perché hanno abbattuto la vecchia stazione dei treni Prokop. Siamo al nono anno di governo Vucic ed è come stare nel nono girone dell’inferno dantesco, il girone dei traditori per frode. Lui è un maestro della propaganda, è stato consulente di Blair ma in Serbia ha distrutto istituzioni democratiche come la magistratura e il Parlamento, dove ora non c’è neanche opposizione.

Belgrado può essere ancora considerata una capitale europea?
Prima della catastrofe, era una capitale con tante etnie. Milosevic ha cambiato il sangue della città, non è più la città internazionale di prima. Belgrado non era una città povera, come lo è oggi. Dopo la caduta di Milosevic speravamo che finalmente arrivasse la democrazia. Ma oggi la corruzione è tanta e le persone che possono cambiare le cose stanno lasciando il paese, soprattutto i giovani , non c’è nessuna speranza e futuro per loro… All’emigrazione economica dei gastarbeiter oggi si aggiunge l’emigrazione intellettuale. Ho raccontato molto di Belgrado nel mio ultimo romanzo AdresaDirezione Belgrado. Non sono pessimista, sono realista. Cosa abbiamo di nostro, cosa ci è rimasto? Sono scomparse le classi medie e non abbiamo più neanche una banca nazionale. Il sogno della Unione Europea è di fare della Serbia e di Belgrado una colonia, un grande deposito di rifiuti oppure, come nel caso del progetto Rio Tinto, sfruttare i giacimenti di litio aprendo nuove miniere e nuove miserie in una delle zone più belle della Serbia.

Quali possono essere i soggetti del cambiamento in Serbia e qual è lo stato della informazione?
Il pericolo più grande per Vucic viene dal movimento contro Rio Tinto, dai movimenti ecologisti che riescono a unire la gente, gli unici che possono portare in piazza duecento, trecentomila persone in piazza a Belgrado e che possono rappresentare il nuovo volto della Serbia. I media sono completamente assoggettati alla propaganda del governo Vucic e negli alberghi trovi solo due copie di Danas, il quotidiano meno asservito degli altri. La radio televisione nazionale è nelle mani di Vucic, il suo partito è fatto da soldati. La gente non ha modo di sentire e di vedere niente che non sia la propaganda del regime. Una situazione senza speranza. Ci saranno elezioni a marzo, ma l’opposizione deve contare sulla gente che non va a votare, anche se è troppo delusa e bisogna puntare su nuove motivazioni etiche. I giovani mostrano indifferenza e passività, appena finiscono di studiare lasciano il Paese

Hai scritto spesso di Mitteleuropa, cosa rappresenta per te?
Nella ex Jugoslavia non era possibile scrivere contro il regime socialista e perciò scrivevo della Mitteleuropa, dei valori che la connotavano. Peter Handke dice che la Mitteleuropa esiste solo nella meteorologia come un bollettino del tempo, anche se nessun bollettino del tempo può dire esattamente se e quando pioverà. Alle origini del mondo c’era indubbiamente il caos, ma dopo la gente ha avuto bisogno di sentirsi protetta, sicura, di vivere senza camuffamenti. Se compri un biglietto del treno devi aver diritto a un posto. Mitteleuropa è questo, una filosofia del vivere. Ma è anche grande letteratura, quella di Svevo, Roth e Kafka. Trieste è la finestra della Mitteleuropa
I conflitti tra Serbi e Croati hanno portato alla dissoluzione della ex Jugoslavia e il tema delle identità e dell’orgoglio è sempre all’ordine del giorno
«Sono orgoglioso del mio sangue serbo e della mia nazione, la Croazia» diceva il grande Nikola Tesla. Detto in maniera ironica lo stesso concetto si può esprimere nelle parole dello scrittore croato Ante Tomic: «Se non ci sono i serbi, non c’è motivo di essere croati». Come si può dunque essere orgogliosi di cose che non dipendono da te, dalla tua volontà? Quello che siamo non dipende solo da noi. Quando sono stato per la prima volta a Roma insieme a Milenko Jergovic sono rimasto colpito dalla figura di Papa Francesco. Il suo ‘Buonasera, sorelle e fratelli’ mi è rimasto nel cuore e nel cervello. Ho comprato i gadget con l’immagine di Papa Francesco. Tutti si meravigliavano del fatto che un serbo ortodosso comprasse gadget del papa cattolico. Questo Papa non è cattolico, diceva Milenko Jergovic, è semplicemente rivoluzionario.

Qual è il romanzo che ami di più?
«Islednik» è il mio Amarcord felliniano, l’opera della mia maturità. Racconta la storia di mia madre, raggiunge quel pubblico di lettori che legge poco, è autobiografico ma pieno di storie e di luoghi come Sicevo, Pola, Rovigno, Salonicco.

Nei tuoi romanzi racconti spesso delle città, non solo Belgrado ma anche Vienna, Budapest, Berlino, Pola…
Sì le città e gli alberghi mi danno la possibilità di vivere un’altra vita, più vite, di guardare alla vita da un’altra prospettiva. Mio padre è stato un ufficiale di marina. Ha scelto di fare casa a Pola, la mia vita sarebbe stata diversa se avesse scelto un’altra città. Mi hanno ispirato tanto i viaggi di Nabokov che attraversa la Russia e Berlino per arrivare in America e poi in Svizzera o quelli di Gajto Gazdanov, l’autore di Strade di notte, che in seguito alla Rivoluzione d’Ottobre si trovò a combattere, ancora studente liceale, tra le file dei Bianchi e dopo la sconfitta giunse in Occidente attraverso Costantinopoli e la
Bulgaria e raggiunse Parigi , dove trascorse la maggior parte della sua vita e dove lavorò per lungo tempo come tassista notturno. Nella primavera del 1995 ho pubblicato Strade di notte nella collana Apartidi di Radio B92 di Belgrado. Sono d’accordo con chi scriveva che ogni uomo vive due vite, una è quella che vive, l’altra è quella che desidera vivere. Cos’è la letteratura se non la possibilità di vivere due e più vite?

A proposito di letteratura, quali sono gli scrittori che più ti hanno influenzato? C’è una nuova leva di giovani scrittori in Serbia?
Oltre a Nabokov e Gajto Gazdanov, c’è Bulgakov, ma anche le poesie di Kavafis, i romanzi di Ernesto Sabato, Ivo Andric e Alexander Tisma. Mi piacciono gli scrittori che fanno i conti con la realtà, che non è il reality televisivo, non mi piace la letteratura come artificio. Posso vivere senza scrivere ma non posso vivere senza leggere. Ho molto apprezzato il libro di Srdjan Valjarevic, Como, e anche Baltimore di Jelena Lengold.

A che serve la letteratura oggi?
«Il quaderno scomparso a Vinkovci» riassume meglio di altri romanzi il mio punto di vista sull’argomento. Il vero scrittore non ha bisogno di inventare perché oggi la realtà ha in sé qualcosa di romanzesco, supera ogni limite di immaginazione e di fantasia.