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A Parigi non si vota, Hollande aspetta gli Usa

A Parigi non si vota, Hollande aspetta gli Usa – Reuters

Dibattito all'Assemblea e al Senato Il governo francese è "certo" della responsabilità di Assad nel massacro con le armi chimiche. La destra teme l'isolamento internazionale e si appella a una decisione Onu. Forse il parlamento francese sarà chiamato a votare, ma solo dopo il Congresso Usa

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 5 settembre 2013

Hollande era assieme al presidente tedesco, Joachim Gauck, ieri a Oradour-sur-Glane, per ricordare assieme il massacro di 642 abitanti di questo villaggio del Limousin da parte di una divisione nazista il 10 giugno ‘44. Al di là dell’emozione per questa prima cerimonia comune di due presidenti, è stata per Hollande un’occasione per fare riferimento alla Siria, mentre all’Assemblea e al Senato si svolgeva un dibattito parallelo sulla posizione francese. Per Hollande, di fronte agli orrori della seconda guerra mondiale, c’è la promessa di “rifiutare l’inaccettabile”, che oggi si incarna nell’attacco alle armi chimiche perpetrato in Siria. Il primo ministro socialista, Jean-Marc Ayrault, ha ripreso questo argomento all’Assemblea: in un rovesciamento delle posizioni, la maggioranza di governo ha giustificato la volontà di intervenire in Siria in nome della “morale”, mentre l’opposizione di destra, Ump e anche l’Udi (centro-destra), hanno invocato la “legalità” per chiedere a Hollande di aspettare un via libera dell’Onu.

La Francia è stata messa nell’imbarazzo dopo il voto negativo britannico alla partecipazione a un’azione contro Assad e la decisione di Obama di chiedere un voto al Congresso. Di qui la concessione di un dibattito in parlamento, che ieri non è pero’ stato seguito da un voto, anche se Hollande non esclude che deputati e senatori siano chiamati ad esprimersi, ma sicuramente dopo il verdetto del Congresso Usa. Per il governo francese c’è una “certezza”: Assad ha usato le armi chimiche. E “di fronte alla barbarie, la passività non è un’opzione”, ha affermato il primo ministro, Jean-Marc Ayrault. Il capogruppo socialista, Bruno Le Roux, ha parlato di “prove irrefutabili” e di “fiducia” nelle prove fornite dai servizi segreti francesi, gli stessi che nel 2003 avevano smentito le “prove” di Colin Powell e di George Bush e avevano portato l’allora presidente Jacques Chirac e rifiutare di partecipare alla guerra in Iraq. Agli argomenti del governo, la destra Ump ha opposto prima di tutto il riferimento alla legalità internazionale, cioè la necessità di un voto al Consiglio di sicurezza (per Jean-Louis Borloo dell’Udi, la Francia potrebbe bypassare il blocco di Russia e Cina, chiedendo un voto all’Assemblea generale), e in secondo luogo i rischi dell’ “isolamento” della Francia, che è sola nella Ue a seguire la strada che stanno tracciando gli Usa. La questione di un voto del parlamento per legittimare l’eventuale intervento è passata cosi’ in secondo piano, anche se sia nell’opposizione che nella maggioranza (Verdi e radicali) c’è la richiesta di venire consultati, benché la Costituzione non lo preveda. Maggioranza e opposizione si sono affrontate a fronti rovesciati anche su questo punto: la maggioranza con toni bonapartisti, al seguito del capo presidente, senza se e senza ma, mentre la destra ha abbandonato questa attitudine che di solito la caratterizza e invitato a non rispettare le prerogative golliste della presidenza, invocando un voto del parlamento su una decisione che sulla carta appartiene solo al presidente della Repubblica, che è il capo dell’esercito.

I Verdi appoggiano l’intervento, mettendo alcune condizioni. Il capogruppo François de Rugy ha ammesso “divisioni” in Europa Ecologia-I Verdi, anche se “tutti gli elementi raccolti non lasciano spazio al dubbio” sull’utilizzazione di armi chimiche da parte del regime di Assad. Per de Rugy “le conseguenze dell’inazione sono davanti agli occhi di tutti da due anni”. Il Front de gauche è contrario all’intervento. Il deputato del Pcf André Chassaigne ha invitato a trovare una “soluzione politica”, del resto evocata con forza anche dal governo, ma senza ricorrere alla forza, un’azione per il Pcf “illegale, ingiustificata e infondata”. Anche il Pcf fa riferimento all’argomento della legalità: “la Francia è pronta a violare la Carta dell’Onu che ci lega alla comunità internazionale?” ha chiesto Chassaigne, sottolineando che il capitolo VII proibisce l’ingerenza. Il Pcf ha ricordato che anche il segretario generale dell’Onu ha messo in guardia contro l’avventurismo, che rischia di prendere ancora di più in ostaggio il popolo siriano, già preda “di un dittatore cinico e disumano”.

 

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