Prima di diventare stella a Hollywood e poi in tv, Doris Day raggiunge il successo come cantante e performer fra le più attive – e di successo – negli Stati uniti. E se l’Italia la ricorda in questa veste soprattutto per Que sera, sera, la diva scomparsa ieri ha in realtà inciso più di 650 canzoni fra il 1947 e il 1967, e per quindici anni (tra il 1951 e il 1966) ha frequentato assiduamente la Top 100 di Billboard. Padre insegnante di musica, madre casalinga, Doris Day voleva diventare ballerina ma un incidente mandò in frantumi i suoi sogni di dodicenne. Durante la convalescenza si innamora di Ella Fitzgerald e si diverte a cantare i suoi pezzi mentre li ascolta alla radio.

«CERCAVO – racconta in una sua biografia del 1976 – di catturare la sua abilità di interprete». Ovviamente non raggiunse mai quei vertici, ma con il tempo acquisì una soave morbidezza nel canto, uno stile garbato, ma soprattutto un perfetto timing messo a punto attraverso anni di lavoro nelle orchestre. La carriera della futura «fidanzata d’America» inizia quindi cantando: prima in una radio locale di Cincinnati, poi nei nightclub prima di approdare nei locali di New York. Tra il 1939 e il 1940 venne ingaggiata nell’orchestra di Barney Rapp che prese spunto dal brano Day by Day, per cambiarle cognome: non più Kappelhoff – di origini tedesche – ma un più adatto Day, anche per le campagne promozionali. Dopo Rapp, altri ingaggi per le orchestre di Jimmy James, Les Brown per la quale incise il suo primo hit – Sentimental journey (1945) con cui si aggiudicò un Grammy Award. E ancora It’s magic (dalla colonna sonora di Amore sotto coperta, 1948) e persino due Oscar: per Secret love da Non sparare, baciami! (1953) accanto a Howard Keel – brano riletto anche da George Michael nel 1999 – e Que sera sera che esegue al pianoforte in una celebre scena di L’uomo che sapeva troppo (1956) di Hitchcock. Senza dimenticare Don’t eat the noises, interpretata nel ruolo della vera cantante Ruth Etting in Amami o lasciami (1955) col gangster James Cagney.