Nome conosciuto in patria e all’estero da più di un decennio, ma solo fra gli appassionati di animazione, molti dei suoi lavori sono passati anche in Italia, Makoto Shinkai con il suo ultimo lungometraggio animato, your name (il titolo internazionale è volutamente in minuscolo) ha fatto negli ultimi mesi un salto di livello che pochi si sarebbero aspettati. Con 150 milioni di euro incassati in poco più di sessanta giorni e nove fine settimana di fila al primo posto al botteghino di casa, your name è sicuramente diventato il film dell’anno in Giappone. Il lungometraggio animato ha inoltre saputo portare nelle sale dell’arcipelago la più vasta tipologia di spettatori, un successo che, almeno durante le prime settimane, è stato decretato per la maggior parte dal passaparola sui social network.  A questo si aggiunga il più che positivo responso della critica, a parte alcune inevitabili voci fuori da coro, sia quella nipponica che quella internazionale, il film ha avuto il suo debutto all’Anime Expo di Los Angeles in luglio.

Ne avevamo già scritto sulle pagine di questo giornale al momento della sua uscita ma vale la pena ricordare che your time ricalca e ripropone, adattandolo alla contemporaneità, il tema dello scambio di identità, la storia è infatti quella di due giovani studenti, Taki e Mitsuha, le cui vite vengono scambiate, a giorni alterni infatti il ragazzo si ritrova nel corpo di ragazza dell’altra e viceversa. Lo straniamento non avviene solo a causa del cambio di sesso, anche se è naturalmente il fattore più rilevante e da cui scaturiscono i momenti più divertenti, ma anche dal fatto che mentre Taki è uno studente di una scuola di Tokyo, Mitsuha abita in un piccolo villaggio ai piedi delle montagne.

La dicotomia metropoli-campagna che in Giappone è molto accentuata e quasi esasperata quando il conglomerato urbano si chiama Tokyo, permette a Shinkai di toccare e mettere in evidenza, anche se in maniera indiretta, una delle principali problematiche che affliggono il Giappone contemporaneo. L’urbanizzazione e lo spostamento in massa della popolazione verso i centri urbani, già cominciato in era Meiji del resto, sommato all’invecchiamento del popolo giapponese, sta infatti radicalizzando la relazione parassitaria e di svuotamento che le grandi città hanno verso le campagne e le zone periferiche in generale.  

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Your name è in questo senso anche la reazione di Shinkai alla triplice tragedia scatenata dal terremoto del 2011, e non solo dal punto di vista energetico come è diventato evidente nel post-Fukushima. Lo svuotamento è infatti anche di tipo culturale, la nonna di Mitsuha è portatrice di tradizioni secolari come ben esemplificato in alcune delle scene topiche del film, tradizioni e pratiche locali che rischiano di andar perse con la graduale scomparsa dei piccoli villaggi e con esse la ricchezza di una pluralità di visioni e concezioni del mondo. Ma your name è questo e molto altro, il destino dell’umanità in relazione ai vasti cicli cosmici, come spesso accade in Shinkai, qui è il passaggio della cometa a ricordarci come il destino della terra e dei suoi abitanti sia legato all’universo in cui si muove, ma anche, se non soprattutto, il tema dello spazio e del tempo del sogno che permea tutta la pellicola. Alla base del meccanismo narrativo dello scambio dei corpi troviamo infatti un sostrato filosofico, dove il tempo del sogno, lega, connette e riannoda le vite dei singoli come una sorta di vasto tappeto astrale.

Tutte queste istanze filosofiche sono però inserite ed incastonate in una narrazione che non diventa mai pesante ma che anzi è veloce, leggera, ricca di momenti comici e ritmata fino all’ultimissima scena.
È proprio questa «l’anomalia» della pellicola e la ragione del suo successo, al contrario di altri lavori di Shinkai come Viaggio verso Agartha, opera fortemente ispirata ai lavori e all’estetica di Miyazaki anche nel tratto, e che proprio per la sua macchinosità non funzionava al meglio, ma anche a differenza di bellissimi e riusciti lavori quali 5 cm per second e Il giardino delle parole, delicate e poetiche descrizioni di destini che si toccano ed incrociano ma pur sempre lavori piuttosto lenti e «poco adatti» al grande pubblico, con your name Shinkai sembra aver trovato la quadratura del cerchio. L’equilibrio fra riflessioni profonde, poesia, descrizioni iperrealistiche dei particolari, comicità, pathos e perfino musica e tratto del disegno, forse i due elementi che sono più riconducibili a uno stile animato quasi televisivo e che in potrebbero disturbare, è davvero mirabile ed è il vero motivo del successo del lungometraggio.