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Doppio slalom sul Colle. E si torna al punto di partenza

Doppio slalom sul Colle. E si torna al punto di partenzaSergio Mattarella fa il punto al termine del primo giro di consultazioni – LaPresse

Le consultazioni Di Maio: con la Lega senza Fi o con il Pd. I dem: noi opposizione Salvini: centrodestra-M5S unica strada. Berlusconi: con loro mai. La prossima settimana Mattarella ci riprova

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 6 aprile 2018

Mattarella è sintetico, anzi laconico: «E’ indispensabile che ci siano delle intese. Questa condizione non è ancora emersa». Urge nuovo giro di consultazioni: «Lo avvierò la settimana prossima». Qualche «giorno di riflessione» sarà utile, «anche sulla base della esigenza di maggior tempo» avanzata dai partiti.
Se si prendessero alla lettera le dichiarazioni delle varie delegazioni sfilate ieri di fronte al presidente, il tempo richiesto sarebbe solo perso. Basta metterle insieme e incrociarle per concludere che tutte le vie sono precluse. Il Pd, primo della lista, ha confermato la propria indisponibilità ad alleanze di sorta. «L’esito elettorale negativo non ci consente di formulare ipotesi di governo che ci riguardino». Tanto più che nella scelta degli uffici di presidenza il Pd è stato tagliato fuori. Affari loro.

BERLUSCONI E SALVINI hanno viaggiato in direzioni apparentemente opposte. Il Cavaliere ha elencato le sciagure che si abbatterebbero sulla penisola ove si seguissero le indicazioni programmatiche dell’M5S. Fatti salvi i seminatori di «invidia, odio sociale, pauperismo e giustizialismo» il centrodestra è pronto a dialogare con tutti, ovviamente in vista di un governo Salvini. Peccato che resti solo il Pd che dice di non volerne sapere. A porte chiuse, sul Colle, Berlusconi è andato anche più pesante: «Non sono loro che non vogliono me. Sono io che non intendo dialogare con forze populiste, demagogiche e che mettono veti».
Salvini, che segue a ruota, invece intende dialogare proprio con quelle forze. Serve l’intesa con M5S per «trovare la quadra» e dar vita a un governo «che duri 5 anni». Ma Salvini chiarisce di alludere a un’intesa con tutto il centrodestra, non con la sola Lega. E’ questo che intende quando fa appello al «senso di responsabilità» e chiede di «smussare angoli che per ora gli altri non sembrano disposti a smussare».

Invece Di Maio, che chiude il corteo nel pomeriggio, su quel fronte non smussa proprio niente: «Non voglio spaccare il centrodestra. Ma quella coalizione non la riconosco: candidati diversi, programmi in parte diversi, tre delegazioni diverse nelle consultazioni». L’offerta di «contratto alla tedesca», con tanto di date per realizzare i punti concordati, resta dunque rivolta solo al Carroccio.

SUL FRONTE OPPOSTO, quello del Pd, invece Di Maio smussa eccome: «Mai detto di voler spaccare il Pd. Io mi rivolgo a quel partito nel suo insieme». E’ una rinuncia alla pregiudiziale anti-Renzi, condizione essenziale per sperare che Martina non respinga l’invito a un incontro per l’inizio della settimana prossima rivoltogli dal leader 5S. Essenziale ma non sufficiente, perché dal Pd arriva un no. Tanto più che la doppia avance nei confronti del Nazareno come di via Bellerio ha indispettito i dem e aggiunto frecce alla faretra di chi di accordi con M5S non vuol sentir parlare, Matteo Renzi.

A cosa serve dunque il «tempo» invocato un po’ da tutti? A verificare quanto gli altri siano disposti a cedere. Verifica che verrà fatta a tutto campo. L’ipotesi su cui tutti scommettono, al Colle come nel Pd come tra i commentatori, è un cedimento di Berlusconi, che secondo i bookmaker dovrà acconciarsi a rinchiudersi in cantina in cambio di congrue garanzie sulle sue aziende. Fi indicherebbe ministri d’area senza entrare ufficialmente nel governo. Se si trovasse un sostituto adatto Di Maio potrebbe accettare il sacrificio. Keyser Soze, pseudonimo di un giornalista tra i più addentro negli affari di palazzo, squaderna su Panorama una sfilza di leghisti convinti che le cose andranno così e di questo sono certi al Nazareno. Il punto debole della costruzione è che invece chi frequenta Berlusconi sostiene che gli umori del Cavaliere siano diametralmente opposti. E senza una smussatina con i fiocchi da parte di Di Maio, Salvini non ha alcuna intenzione di mollare il Cavaliere.

Resta socchiusa la porta per un’intesa M5S-Pd. E’ una formula traballante in partenza, perché i numeri sarebbero comunque esigui e perché senza convincere un Renzi rigidissimo nemmeno vale la pena di parlarne. Anche se su quel fronte il leader 5S ha fatto ieri un passo concreto.

SOLO UNA STRADA sembrerebbe esclusa: quella di un’intesa tra centrodestra e Pd. Salvini lo ha ripetuto anche ieri. Ma chi conosce il modus operandi del Carroccio, sin dai tempi di Bossi e Maroni, sa che nella famosa e spiazzante «mossa del cavallo» i leghisti sono maestri. Certo, Salvini non potrebbe accettare un accordo tessuto da Berlusconi. Ma se a occuparsene fosse lui personalmente le cose potrebbero cambiare. E qualche contatto diretto tra un Renzi che escluderebbe solo accordi con gli odiati 5S e lo stato maggiore leghista, c’è già stato.

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