Dopo 176 giorni di guerra in Ucraina l’unico Stato in grado di cantare vittoria davvero è la Turchia. L’incontro trilaterale di ieri a Leopoli tra il presidente ucraino Zelensky, il suo omologo turco Erdogan e il segretario generale dell’Onu Guterres ha palesato ancora una volta l’importanza di Ankara sullo scacchiere internazionale e il suo ruolo (ormai riconosciuto) di arbitro.

ZELENSKY ha definito la visita del presidente turco un «forte messaggio di sostegno da parte di un Paese così potente» spiegando che nei colloqui si è discusso «della possibilità di migliorare l’iniziativa sul grano, della situazione intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia e del ricatto nucleare degli occupanti, oltre che del furto su larga scala di grano da parte della Russia nel territorio temporaneamente occupato dell’Ucraina».

Il leader ucraino ha specificato che si è parlato anche di «questioni di cooperazione nel settore della difesa»; molto significativo dato l’apporto fondamentale dei droni di produzione turca Bayraktar nel conflitto in corso.

NON A CASO la delegazione turca, oltre che dal presidente e cinque ministri, era composta anche dal ceo dell’azienda militare, il fratello del genero di Erdogan, Haluk Bayraktar. Che il 9 agosto scorso aveva dichiarato che presto la sua ditta potrebbe aprire una succursale sul territorio Ucraino.

Del resto la Turchia si sta occupando anche di costruire navi da guerra per Kiev nei suoi cantieri navali, come le corvette di classe «Ada» dotate di sistemi anti-sottomarino e missili balistici.

Oltre agli accordi militari a Lviv si è parlato anche di ricostruzione post-bellica. Secondo l’agenzia turca Anadolu, i due presidenti hanno firmato un accordo che contempla strade, ponti e diverse infrastrutture distrutte dai bombardamenti.

INSOMMA, un indotto non trascurabile per l’economia turca che fino al dicembre scorso attraversava un periodo nero con l’inflazione ai massimi livelli degli ultimi anni. D’altronde, la Turchia è «dalla parte dell’Ucraina».

Lo ha detto proprio Erdogan nella conferenza stampa conclusiva. Tuttavia, non si può trascurare che la Turchia sia anche dalla parte della Russia. Ed è qui che si evidenzia il capolavoro strategico che il presidente turco sta compiendo.

Ankara è membro storico della Nato (schierata totalmente con l’Ucraina), ma dipende in modo sostanziale dagli scambi economici e commerciali con la Russia e per questo la sua posizione è sempre rimasta ambivalente.

IL 5 AGOSTO ERDOGAN è volato a Sochi per incontrare Putin e, tra foto sorridenti e dichiarazioni di stima e rispetto, ha incassato l’appoggio della Russia. Nonostante il suo Paese continui a rifornire militarmente l’Ucraina. Putin ha addirittura dichiarato che «l’Occidente dovrebbe essere grato a Erdogan».

Ieri, a poca distanza, è arrivato il plauso di Zelensky. Sembra ormai evidente che la Turchia sia l’unico Stato in grado di mediare tra i due belligeranti. Ed Erdogan non si farà di certo sfuggire quest’occasione di aumentare il proprio prestigio internazionale e mettere a tacere le numerose voci di protesta interne che puntano il dito contro le sue politiche autoritarie.

INOLTRE, probabilmente, il ruolo di garante dei futuri processi di pace in Ucraina servirà da lasciapassare alle operazioni militari attualmente in corso in Siria contro i curdi.

Operazioni sulle quali la comunità internazionale non ha preso parola, nonostante l’esercito turco abbia già varcato i confini di un altro Stato sovrano.

Nelle ore precedenti all’incontro, la Cnn ha riferito che la Russia sarebbe pronta a organizzare un incontro diretto tra Putin e Zelensky per negoziare un accordo di pace. Secondo le fonti dell’emittente americana i termini del «cessate il fuoco» potrebbero essere definiti dagli stessi leader e successivamente messi in pratica dalle rispettive delegazioni.