La recessione è finita dopo sei anni, sostiene un rapporto del centro studi di Confindustria, ma è «derisorio» parlare di una «crescita» per il 2014. L’Italia «ha subìto un grave arretramento ed è diventata più fragile, anche sul fronte sociale. I danni sono paragonabili solo a quelli di una guerra». Non poteva esserci una smentita più netta degli auspici ribaditi dal premier Letta e dal ministro dell’Economia Saccomanni che auspicano una crescita all’1% del Pil nel 2014, mentre il presidente del Consiglio precisa che non «sfascerà i conti». «Ho la responsabilità di tenere la barca Italia in equilibrio – ha detto Letta – e voglio che ci siano strumenti per la crescita senza sfasciare i conti. Confindustria dovrebbe sapere che tenere i conti a posto vuol dire far calare gli spread, come oggi dove abbiamo raggiunto il punto più basso in due anni e mezzo». E Squinzi precisa: «Io non ho detto di sfasciare i conti. Solo che ai ritmi ipotizzati [dal governo, ndr.] il Pil non tornerà ai valori del 2007 prima del secondo trimestre del 2021».

Sulle previsioni della crescita, praticamente una danza della pioggia inscenata da tutti, sindacati compresi, c’è anche una previsione della Cgil che ha fissato l’asticella al 2076 senza un piano preciso di rilancio degli investimenti e della domanda interna contenuto nel suo «piano per il lavoro». Insomma, la crescita è oggi pura fantascienza.

Cosa c’è dietro questo affondo di Confindustria contro il governo? Nemmeno troppo gentilmente, Letta manda a dire a Squinzi – che ha indossato di nuovo i guantoni come ai tempi d’oro contro Mister anti-spread Mario Monti – che il Fondo anti-tasse previsto nella legge di stabilità verrà versato sia alle imprese (e agli autonomi e piccole aziende con meno di 181 mila euro di valore della produzione) e a lavoratori e a pensionati. Confindustria, come gli stessi sindacati, non è per nulla d’accordo. Usare i 32 miliardi strappati dalla spending review di Carlo Cottarelli (che dal Corsera dice di essere in «deluso») e dalla lotta all’evasione su una platea così ampia è come regalare una mancetta inutile a rilanciare la domanda interna. Di più Letta non vuole, o non può fare. E, al momento, tiene duro sull’emendamento che subordina l’erogazione del fondo all’imperativo del rigore del bilancio, l’architrave dell’austerità.

Quella che sta stretta anche a Confindustria.

Sul governo ieri si è abbattuto il report del Centro studi di Viale dell’Astronomia che presenta cifre da brividi. Le stesse che vengono sparate ogni giorno sul governo da parte di tutti gli esperti in cifre. Le persone a cui manca il lavoro, o sono precari, sono 7,3 milioni. I poveri sono raddoppiati a 4,8 milioni. le famiglie hanno tagliato sette settimane di consumi: 5.037 euro in media all’anno. Rispetto al 2007, il Pil totale è diminuito del 9,1% e quello pro-capite dell’11,5%, cioè di 2900 euro a testa, tornando ai valori del 1996. Poi la bomba finale: la produzione industriale è scesa in termini fisici del 24,6%, cioè ai livelli del 1986.

Viale dell’Astronomia affonda nelle carni vive e fa male, molto male al governo. L’impatto sulla crescita della Legge di Stabilità «sarà molto piccolo, dello 0,1-0,2% sul Pil del 2014» continua il Centro studi. «La manovra è un’occasione mancata». L’intervento proposto è, guarda caso, «quello sul cuneo fiscale», ma «le risorse stanziate non sono in grado di incidere significativamente». Se poi il «credit crunch» proseguirà nel 2015, ci sarà bisogno di una manovra aggiuntiva pari ad un punto del Pil.

Poi l’annuncio finale della catastrofe: per Confindustria, senza il taglio al cuneo fiscale, nel 2014 il Pil salirà solo dello 0,4% e nel 2015 crollerà di nuovo a 0. Sono valutazioni ancora più basse di quelle dell’Istat (0,7%) o della Commissione Europea (0,6%). Stime realistiche che rendono indigesto il panettone per Letta. Il prossimo sarà immangiabile. «Non abbiamo la bacchetta magica» ha ripetuto sconsolato il premier.