Terzo incontro, interlocutori diversi, idee ben poco chiare, cifre nessuna. Il dialogo governo-sindacati continua ad essere schizofrenico. E se stavolta almeno sembra appurato che d’ora in avanti il luogo prescelto sarà palazzo Chigi e l’interlocutore Giuseppe Conte – diversamente coadiuvato – sul resto Cgil, Cisl e Uil si sono sentiti dire cose completamente diverse da quelle proferite settimana scorsa da Matteo Salvini. Non a caso l’unico esponente della Lega al tavolo era il ministro di agricoltura e turismo Centinaio, per giunta arrivato in ritardo e quasi silente. Con conseguenti polemiche da parte dei leghisti stessi.

La novità allora è rappresentata dalla presenza di chi la manovra dovrà scriverla: Giovanni Tria. Ma il ministro dell’Economia non ha dato alcuna indicazione su come lo farà. «Le risorse dipenderanno da scelte politiche», così come le decisioni: clausole dell’Iva, detrazioni. Ma basta il mancato accenno alla flat tax per mandare su tutte le furie il leghista Borghi che attacca: «Se Tria non è d’accordo con noi, nessuno lo obbliga a fare il ministro».

Landini, Furlan e Barbagallo hanno parlato una lingua sola, anche perché hanno appena chiuso il documento unitario dettagliato che fa seguito alla piattaforma comune già illustrata più volte ai vari membri del governo.

La prima richiesta è quella di un taglio del cuneo fiscale che vada a vantaggio di lavoratori dipendenti e pensionati.

Il presidente del consiglio Conte ha messo subito le mani avanti: «Non c’è nessuna riforma fiscale pronta, ci stiamo lavorando». L’idea – poi illustrata in un video su Facebook – è di avviare a settembre un percorso di confronto con tutte la parti sociali. Dopo i confederali è toccato a Usb («Conte ha parlato di flat tax mantenendo la progressività Irpef ma non è così che si fa giustizia fiscale») e Ugl e infine a Confindustria («Troppo pochi 4 miliardi per il taglio del cuneo» – ha detto Boccia – per arrivare «ad una manovra espansiva nel segno della crescita e che sia quanto più possibile condivisa».

Nel giorno del ritorno alla pax governativa non è mancata la nuova sparata di Di Maio: «Un piano con l’Inail per costruire 600mila alloggi popolari per giovani coppie». Ma anche Tria non è stato da meno: «Gli 80 euro di Renzi? Potrebbero cambiare nome e diventare 90».

Dei tanti tavoli tematici promessi da Conte prima della pausa estiva ne sono stati convocati due. Il primo si terrà lunedì sul Sud – ieri la ministra Lezzi era ben visibile – e il 5 agosto sul tema «lavoro e politiche sociali». Dove si parlerà – ha annunciato poi Di Maio – di «rimodulazione della Naspi per le imprese e salario minimo». Quest’ultimo tema più scottante e divisivo fra Di Maio e sindacati visto che non si è ancora capito come sarà definita la soglia dei 9 euro l’ora e come entrerà nella contrattazione nazionale.

«Per noi la sede del confronto è la presidenza del Consiglio. Il metodo è una novità positiva, ma quello che conta è cosa verrà deciso», ha commentato all’uscita il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: «Noi abbiamo detto le cose di cui secondo noi il Paese ha bisogno: ridurre le tasse sul lavoro dipendente e sulle pensioni da cui arriva il 94% delle entrate». «Bisogna – ha continuato Landini – aumentare le detrazioni, favorire in ogni modo la lotta all’evasione perché sono inaccettabili 110 miliardi di evasione, questo vuol dire assunzioni all’Agenzia delle Entrate, usare le tecnologie per incrociare i dati e anche tenere presente che non si può ridurre la pressione fiscale nazionale e aumentare quella locale. Siamo disponibili a ragionare sull’unificazione di strumenti come l’assegno familiare e altre tutele. Inoltre abbiamo parlato di fisco ambientale, cioè favorire le imprese che investono su un nuovo modello di sviluppo mentre per la lotta alle disuguaglianze serve un piano straordinario di investimenti per creare lavoro».

All’orizzonte infatti ci sarebbe una nuova convocazione da parte del vicepremier Salvini. Ci andrà la Cgil? chiedono i giornalisti. «Intanto facciamo questo incontro del 29 poi vedremo, bisogna che si mettano d’accordo. Noi glielo abbiamo detto: il governo deve essere uno, poi come è noto noi agli incontri siamo sempre andati ma questo è un nodo che deve risolvere il governo», ha risposto Landini.