Come se non fossero bastati i malumori sul decreto sicurezza alla camera e le voci di sommovimenti della destra del M5S calamitati dagli espulsi per sostenere un governo «di responsabilità», sulla maggioranza arrivano altre tensioni. Provengono dal presidente della camera Roberto Fico, spesso evocato come capofila dei «dissidenti» ma sempre accorto ad esporsi in qualche modo e ad uscire dal ruolo istituzionale.

QUESTA VOLTA, a margine di un convegno sui beni comuni a dieci anni dalla commissione Rodotà, ha invitato il governo firmare il Global compact for migration, dopo che si era appreso che l’Italia non sarà neppure al vertice di Marrakech del 10 e 11 dicembre prossimi. «Stiamo parlando della gestione globale, fatta insieme agli altri paesi – ha detto Fico – Si tratta dell’affermazione del multilateralismo sul problema delle migrazioni. Quell’accordo serve all’Italia per non restare sola».

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO Giuseppe Conte ha annunciato di voler vincolare la decisione ad un dibattito parlamentare, ma Fico ha spiegato gelido di non sapere nulla di questa improvvisa «parlamentarizzazione» dell’adesione, che suona come un espediente per prendere tempo. «Spetta alla conferenza dei capigruppo decidere», ha spiegato. Il fatto che il clima non debba essere dei migliori e che lo scontro stavolta non sia solo coi leghisti ma investa anche Conte pare confermato quando Paola Nugnes, senatrice vicina al presidente della camera, ha postato polemicamente via Facebook il video dell’intervento all’assemblea generale Onu col quale Conte, due mesi fa, garantiva che l’Italia avrebbe aderito all’accordo. Poi invece il governo italiano si è accodato alla scelta degli esecutivi di Visegrad.

A FICO è stato chiesto se la scelta di non presiedere la camera in occasione dell’approvazione del decreto Salvini aveva un significato politico. «È stata una presa di distanza – ha ammesso – Io rimango fedele al mio ruolo istituzionale ma ho seri dubbi sull’efficacia di quel provvedimento e non ne condivido l’impianto». Luigi Di Maio, al quale Fico ha espresso solidarietà per le vicende che riguardano l’attività imprenditoriale del padre, manda messaggi di concordia. Di Maio fa sapere di avere apprezzato il comportamento di Fico nel palesare il dissenso solo dopo l’approvazione. Quanto al Global compact, sminuisce: «Ne discuteremo in parlamento, comunque vada non è un atto vincolante». Fa pressioni esplicite anche il presidente della repubblica Sergio Mattarella, all’apertura dell’anno accademico dell’Università di Verona: «Sull’immigrazione, ogni occasione, ogni sede, ogni strumento, ogni documento che richiami alla responsabilità comune di tutti gli stati e della comunità internazionale, e che eviti di immaginare che faccia carico solo su alcuni paesi, è prezioso», dice.

DI MAIO cerca di metterci una pezza, ma a intorbidire il clima c’è anche un altro fatto. Ieri a Milano, all’ora di pranzo, doveva tenersi un vertice del centrodestra per discutere delle prossime elezioni regionali. Matteo Salvini avrebbe dovuto parteciparvi, assieme Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. Aveva chiesto che la riunione restasse riservata ma poi non si è presentato. Al suo posto ha mandato il mediatore Giorgetti. I convitati sostengono che sia rimasto a Roma a causa delle troppe beghe interne alla maggioranza. Berlusconi e Salvini si sono poi sentiti al telefono. La lista dei candidati verrà divulgata nel corso della prossima settimana.