Maurizio Porfiri è professore di ingegneria meccanica e aerospaziale e di ingegneria biomedica alla Tandon School of Engineering della New York University. Il suo ambito si concentra sulla teoria delle reti, sistemi dinamici e la modellazione multifisica di sistemi complessi.

La sua creatura è il Dsl (Dynamical Systems Laboratory), laboratorio di sistemi dinamici dove lavora con circa 20 studenti che provengono da diversi settori disciplinari e da varie parti del mondo. Ha lavorato a uno studio sulla correlazione tra uno mass shooting e il successivo incremento di armi nella società americana.

Perché uno studio su ciò che chiama «un triangolo complicato tra media, leggi e armi»?

Nel 2007, avevo appena lasciato l’università di Virginia Tech per trasferirmi a New York e l’istituto dove lavoravo ha subito uno dei più raccapriccianti atti di violenza di massa: sono morte 32 persone, tra cui un membro del mio comitato di dottorato e modello per la mia carriera accademica, il professor Liviu Librescu. Da qui è nato il desiderio di contribuire con strumenti metodologici che potessero aiutare a capire e prevenire la violenza di massa.

Il suo studio dimostra che dopo ogni mass shooting la vendita di armi aumenta a fronte di un sentimento di insicurezza.

È una parte dello studio. Ho iniziato a lavorarci nel 2017 con un ricercatore post dottorato della Tandon School of Engineering della New York University, Shinnosuke Nakayama, estendendo alcuni dei nostri lavori in corso sull’analisi della causalità per studiare il potenziale legame tra sparatorie di massa e acquisti di armi. Un piccolo finanziamento della New York University ha dato il via allo studio pubblicato su Nature Human behavior. A inizio 2018 si sono aggiunti Raghu Ram Sattanapalle, studente di master presso la Nyu Tandon, e Rifat Sipahi, professore del Northeastern University College of Engineering in congedo sabbatico nella nostra facoltà.

Quando abbiamo iniziato a raccogliere dati ci siamo resi conto che il progetto era molto più impegnativo di quanto ci aspettassimo. I dati sono difficili da recuperare e interpretare: anche la definizione di «sparatoria di massa» deve ancora essere pienamente concordata dalla comunità scientifica. Raghu ha fatto un lavoro meraviglioso scavando nella letteratura e contattando l’Fbi e i negozi di armi per raccogliere dati per la nostra ricerca. Una volta assemblato il set di dati, è iniziata la ricerca matematica, non senza difficoltà nel gestire gli effetti di scarsità, tendenze e stagionalità nelle serie temporali, nessuna delle quali è desiderabile quando si intraprende un’analisi come la nostra, basata sulla teoria dell’informazione.

All’inizio ci siamo concentrati sulla relazione tra i dati relativi a sparatorie di massa e acquisto di armi, ma non siamo riusciti a trovare alcuna relazione forte. Dopo diversi mesi di insuccessi abbiamo coinvolto James Macinko, professore alla Fielding School of Public Health dell’Università della California, a Los Angeles. In uno di quei rari incontri di gruppo illuminanti ci è venuta l’idea che la relazione tra questi due insiemi di dati sia mediata dal modo in cui le persone reagiscono agli eventi di mass shooting.

Come specchio delle reazioni delle persone all’indomani di una sparatoria di massa, abbiamo usato la copertura mediatica sul possibile inasprimento delle leggi sull’acquisto di armi come potenziale collegamento tra sparatorie di massa e acquisti. Questa è stata la svolta che ci ha aiutato a identificare l’output dei media sul controllo delle armi come una potenziale guida per gli acquisti di armi.

Qual è stato il passo successivo?

Dopo aver effettuato le nostre prime analisi, abbiamo cercato un riscontro eseguendo uno studio di causalità sulle notizie riguardanti le sparatorie di massa, escludendo quelle sull’inasprimento del gun control. Abbiamo potuto confermare la nostra teoria: la tendenza delle persone ad acquistare armi dopo un mass shooting è data dal timore che possano essere emanate leggi più severe sul loro acquisto più che a causa del timore per la propria sicurezza. Abbiamo anche intrapreso un’analisi a livello statale che ha chiarito l’influenza della restrittività delle singole leggi statali sulla tendenza delle persone ad acquistare armi in risposta all’output dei media riguardo al gun control. Abbiamo trovato che dove le leggi sono più restrittive la tendenza ad acquistare armi dopo un mass shooting è decisamente inferiore.

Quindi leggi restrittive a livello federale arginerebbero le ondate di vendita di armi consequenziali ai mass shooting?

Il nostro studio risponde ad alcune domande relative all’«ecosistema delle armi da fuoco». Molte altre sono ancora aperte e richiedono ricerche interdisciplinari tra ingegneria, sanità pubblica e criminologia. Ricerche che speriamo si moltiplichino.