«La sospensione del vaccino AstraZeneca è sbagliata. Se fossi stato il ministro della Sanità mi sarei assunto il rischio delle complicazioni senza fermare la vaccinazione. La trombosi? Colpirebbe una persona su 250.000, data la situazione di emergenza si può accettare questo lieve pericolo». Karl Lauterbach, deputato socialdemocratico del Bundestag, da epidemiologo critica lo stop alla somministrazione del farmaco anglo-svedese imposto lunedì dal governo Merkel.

E non è il solo. Ieri il governatore della Baviera e leader Csu, Markus Söder, ha proposto che «tutti i politici tedeschi si vaccinino con AstraZeneca» per riportare la fiducia tra i cittadini, mentre Carsten Watzl, segretario generale della Società di immunologia, aveva suggerito ad Angela Merkel di farsi inoculare in diretta tv il vaccino «sospetto», prima del rifiuto della cancelliera di saltare la fila («Aspetterò il mio turno come gli altri»).

Tutto nel giorno in cui il Paul Ehrlich Institut (Pei) – l’agenzia federale che ha fornito gli estremi per sospendere AstraZeneca al ministro della Sanità, Jens Spahn – dettaglia i casi di trombosi che hanno coinvolto «sette persone di età compresa tra 20 e 50 anni, di cui sei donne, e si sono manifestati da 4 a 16 giorni dopo la somministrazione del vaccino provocando tre morti». Secondo il Pei, inoltre, «per gli esperti non è implausibile il collegamento con il farmaco, anche se il rapporto causa-effetto resta ancora da verificare».

Nell’attesa, vale la pena registrare le cifre ufficiali della vaccinazione con AstraZeneca in Germania: fino al 26 febbraio avevano ricevuto la prima dose 363.645 cittadini con l’insorgenza di 69 casi avversi, corrispondenti allo 0,02 del totale. Sulla carta, in linea strettamente generale, il farmaco incriminato non sembra più insicuro dei concorrenti. Su 5.378.703 vaccinati con le fiale prodotte da BioNTech-Pfizer si sono osservati 1.705 «eventi avversi gravi» (0,03%) mentre su 168.189 inoculati con il siero di Moderna se ne sono registrati 107 (0,06%).

Numeri perfetti per alimentare la polemica sullo stop ad AstraZeneca. Infatti, il giorno dopo la sospensione precauzionale la stampa nazionale «illumina» il governo per capire chi ha preso veramente la decisione che ha investito Bruxelles e altri Paesi europei oltre alla Germania. Formalmente, il veto al vaccino è stato posto dal ministro Spahn, ma Die Welt domanda se sono stati coinvolti anche la cancelleria e il partner di governo della Spd.

L’unico che finora si è assunto la piena responsabilità della controversa scelta è il biochimico Klaus Cichutek, presidente del Pei, costretto anche ieri a giustificarsi pubblicamente: «Giovedì e venerdì scorsi abbiamo ricevuto diverse segnalazioni di casi di trombosi, cui se ne sono aggiunte altre nel fine settimana. Abbiamo riesaminato tutti i rapporti e rifatto le analisi, scoprendo così la patologia su sei donne. Purtroppo per due di loro è stata fatale. Non potevamo agire diversamente». Strada a senso unico, insomma, più o meno coerentemente imboccata al contrario del ministro Spahn che venerdì definiva sicuro il vaccino AstraZeneca per poi bloccarlo due giorni dopo. Proprio lui ora è al centro della bufera mediatica nonostante le sue dimissioni non siano all’ordine del giorno perché mancano appena sei mesi alla fine del mandato.

Se con la prima ondata di Covid il ministro della Sanità godeva di consenso record dentro e fuori al governo, il fallimento del piano-vaccinazione e ora il caso AstraZeneca lo hanno trascinato sotto ben altri riflettori.

«Cosa implica la sospensione al vaccino e che impatto avrà sulla campagna di immunizzazione? Sono stato informato solo da poco, non voglio speculare sulla situazione, perdonatemi se non sono in grado di rispondere alle vostre domande» è l’incredibile, sintomatica, risposta di Spahn ai cronisti in conferenza stampa.