«Sei licenziato», «Non sei fedele a Israele». Sono alcuni dei messaggi che centinaia di lavoratori e lavoratrici palestinesi, cittadini israeliani, hanno ricevuto dai datori di lavoro dopo la storica giornata del 18 maggio, lo sciopero generale partito dalla società civile araba dentro Israele e presto allargatosi a Gerusalemme e Cisgiordania.

Un’iniziativa storica, non accadeva da 85 anni: l’ultimo grande sciopero generale risale al 1936 e segnò l’inizio della Grande Rivolta contro le violenze dei paramilitari sionisti e il sostegno dell’allora Mandato Britannico.

Nel 1936 si fermò per primo il porto di Jaffa, non a caso presse il nome di «sciopero delle arance». Quello di due giorni fa è stato ribattezzato «sciopero della dignità». Ma come temeva il regista Kamal Aljafari ieri su queste pagine, la punizione è arrivata.

A denunciare i licenziamenti sono le organizzazioni palestinesi e gli studi legali che in queste ore stanno raccogliendo le denunce che arrivano dai lavoratori, centinaia al momento, sebbene il numero non sia ancora definito. In alcuni casi lavoratori sono stati licenziati per post di sostegno dello sciopero.

Licenziati spesso tramite WhatsApp, spiegava ieri Mohammad Zeidan, ex direttore della Organization for Human Rights a Middle East Eye: «Alcuni datori di lavoro israeliani hanno solo scritto “sei licenziato”. Altri hanno aperto un dibattito politico con i lavoratori palestinesi dicendogli di non essere fedeli a Israele».

Di certo lo sciopero generale ha avuto un impatto, se si tiene conto del fatto che il 50% dei trasportatori, i muratori e i farmacisti sono palestinesi, il 23% degli infermieri e il 21% dei medici. Si sono fermati cantieri, cave, trasporti, hanno chiuso i negozi, medici e insegnanti non si sono presentati al lavoro.

Deserti i centri delle città palestinesi e i quartieri arabi di quelle miste, mentre nelle piazze si radunavano in decine di migliaia per caroselli in auto, cortei e presidi, tra bandiere e canti, slogan per Gaza e Sheikh Jarrah.

Lo stesso è avvenuto nei Territori Occupati e in entrambi i casi sono stati numero gli arresti. Almeno 58 tra i palestinesi cittadini israeliani, un numero che porta il bilancio totale dei fermati a oltre mille. Duecento gli incriminati, contro i 150 ebrei israeliani arrestati e gli zero incriminati.