«Prima di tutto, i nostri cuori, ancora una volta, sono con la famiglia Paciolla per la terribile perdita che hanno subito. Abbiamo lavorato il più duramente possibile per collaborare alle indagini in corso. Siamo molto dispiaciuti se si sentono in questo modo, e non spetta a me metterlo in discussione.. Ma posso dire che abbiamo collaborato il più possibile con le indagini penali pertinenti».

Lo ha dichiarato durante il Daily Briefing del 16 marzo il portavoce del segretario generale delle Nazioni unite, Stéphane Dujarric, sollecitato ancora una volta dal giornale La Voce di New York che ha riportato le parole dei genitori di Mario Paciolla contenute nell’intervista rilasciata a il manifesto.

Anna Motta e Giuseppe Paciolla si lamentavano di non essersi sentiti accompagnati dall’Onu in questo grave lutto e che fin qui hanno potuto percepire mancanza di umanità da parte di una delle organizzazioni più autorevoli riguardo la tutela dei diritti umani nel mondo. Le autorità e le istituzioni italiane non si sono ancora pronunciate pubblicamente sul caso, se non nei giorni immediatamente successivi alla morte di Mario Paciolla, assicurando impegno e azione per la ricerca di verità e giustizia.

Nei giorni scorsi Erasmo Palazzotto, deputato di LeU e presidente della Commissione d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, dopo aver letto e rilanciato le parole dei genitori di Mario Paciolla si è espresso nuovamente e pubblicamente sul caso: «È molto grave che, a otto mesi dalla sua tragica morte, l’Onu abbia scelto di non collaborare proattivamente con i legali della famiglia di Mario Paciolla, non condividendo tutte le informazioni preziose di cui l’agenzia dispone».

Il deputato si è poi rivolto direttamente al segretario generale delle Nazioni unite, António Guterres: «Sulla morte di Mario Paciolla l’Onu deve dire tutto quello che sa, e lo deve fare per rispetto del lavoro straordinario dall’organizzazione in Colombia e per dimostrare la totale estraneità dell’agenzia a chi invece sta colpevolmente depistando le indagini». Palazzotto inoltre invita la Farnesina ad esercitare «le pressioni diplomatiche necessarie affinché si accelerino le indagini, per fare luce su quanto accaduto e per trovare la verità sulla morte di Mario».

Al di là delle dichiarazioni e delle intenzioni espresse dal rappresentante delle Nazioni unite, rimane il silenzio sullo stato attuale delle indagini interne avviate dall’Onu, una procedura che era stata menzionata da Mariangela Zappia, rappresentante permanente d’Italia presso la sede delle Nazioni unite a New York e ambasciatrice italiana negli Stati uniti. Fare chiarezza sul lavoro svolto da Mario Paciolla nei giorni antecedenti alla sua morte e sulle dinamiche che hanno preceduto il suo tentativo di ritornare in Italia può essere un tassello fondamentale per ricostruire la vicenda e comprendere perché il lavoratore dell’Onu abbia deciso di abbandonare la Missione. La ricerca della verità e giustizia, dopo otto mesi dalla morte violenta di Mario Paciolla, non gode ancora di una spiegazione pubblica al riguardo.