L’Italia è un paese davvero curioso, dove troppe volte le parole vengono smentite dai fatti. Il 2021 era iniziato all’insegna della transizione ecologica. Su questo tema caro alla nostra associazione – ne parlavamo già negli anni ’80 quando auspicavamo la riconversione ecologica dell’economia italiana – è nato infatti il governo guidato da Mario Draghi.
L’allora presidente del Consiglio incaricato, durante le consultazioni che facemmo insieme a Greenpeace e Wwf, ci preannunciò la nascita del ministero della Transizione ecologica, salutata con favore dalle tre principali associazioni ambientaliste del Paese. Con il passare dei mesi, purtroppo, questa apertura di credito è stata disattesa.

Potremmo far riferimento alle dichiarazioni del ministro Roberto Cingolani a favore del nucleare di quarta generazione, quello che viene studiato da 20 anni senza risultati concreti per risolvere i problemi di scorie, pericolosità, proliferazione e costi, e che semmai verrà industrializzato, arriverà a babbo morto, nella fase più avanzata e drammatica dell’emergenza climatica. Oppure a quelle a favore del gas come fonte fossile di transizione: lo dicevamo 40 anni fa quando contrastavamo le nuove centrali nucleari, quando ovviamente le rinnovabili non erano ancora mature come oggi. O all’allarme lanciato sulla transizione ecologica che rischia di essere un bagno di sangue per l’industria italiana dell’automotive, che va invece accompagnata subito per riconvertirsi alla rivoluzione elettrica già in corso, che nessuno potrà fermare.

Le conferme più importanti stanno nei fatti concreti. La legge di bilancio approvata ne è la più evidente cartina di tornasole. Si è tentato di sostenere la cattura e il confinamento geologico della CO2, tecnologia al centro di diversi fallimenti industriali nel passato, che era stata inserita tra quelle finanziabili con i soldi pubblici, tentativo sventato grazie ad un emendamento di senatori del gruppo misto e M5S, tra cui De Petris e Girotto. Anche questa legge di bilancio non ha tolto un centesimo ai 17,7 miliardi di euro di sussidi alle fonti fossili stimati per l’anno 2018 dall’allora ministero dell’Ambiente (secondo i nostri calcoli si arriva a 34,6 miliardi di euro).
Con l’ultimo atto parlamentare dell’anno, dopo mesi di campagna contro il 110%, si è messo in campo un incomprensibile ridimensionamento del Superbonus. Questa misura deve diventare la più importante (ad oggi è tristemente l’unica) per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas climalteranti al 2030 e contrastare il problema crescente della povertà energetica.

Il Ministero dell’economia e finanze, da sempre contrario ai bonus edilizi, si è invece lamentato dell’eccessivo costo per le casse dello Stato ma non ha mai tirato fuori le cifre sulle maggiori entrate grazie all’emersione dal nero dei lavori edili, sulle tasse pagate in più da imprese e professionisti per i volumi di affari aumentati in modo importante, sui risparmi in bolletta grazie ai minori costi di approvvigionamento di gas che deriveranno dalla maggiore efficienza degli edifici.

Il Superbonus dovrebbe diventare una misura strutturale, da correggere negli errori più evidenti, come l’incentivo all’acquisto delle caldaie a gas o l’esclusione delle case prive di impianto termico fisso, che estromette le famiglie più povere e una parte importante del patrimonio edilizio del Sud, fatto di abitazioni con impianti meno efficienti e più pericolosi come le stufe a gas ed elettriche. Andrebbe semplificata, per rendere più facili gli interventi più performanti, e modulata, premiando con percentuali maggiori i lavori che puntano alla maggiore efficienza energetica e le fasce di reddito più deboli.
Alcune modifiche si possono fare già nel prossimo decreto Semplificazioni in fase di scrittura ma sarebbe opportuna una completa riscrittura per riordinare tutti i bonus edilizi in vere e proprie norme tecniche.

Vedremo con l’anno nuovo, dopo l’elezione del presidente della Repubblica, a quale governo dovremo chiedere questo strumento, fondamentale per la rigenerazione urbana, la lotta alla crisi climatica e la messa in sicurezza del fragile patrimonio edilizio del Paese.

* Presidente nazionale di Legambiente