Arriveranno al ministero dello Sviluppo economico su 5 pullman e urleranno il loro slogan «Napoli non molla». Nuovo round oggi pomeriggio del tavolo tra Whirlpool (intenzionata a cedere lo stabilimento partenopeo), sindacati e Luigi Di Maio. Ieri i dipendenti hanno bloccato via Argine in segno di protesa: «L’azienda continua a provocare i lavoratori e a confermare nei fatti la volontà di chiudere il sito di Napoli, giocando scorrettamente su due tavoli: quello del fittizio confronto sindacale e quello di azioni industriali che contraddicono quanto si afferma ai tavoli istituzionali».

Il 31 maggio il gruppo Usa aveva annunciato l’intenzione di disfarsi dell’impianto di via Argine, per dieci giorni sono trapelate notizie di cordate pronte a subentrare. L’ex ministro Calenda ha tirato fuori i documenti che dimostrano l’esistenza di trattative fin da aprile, con Mise e Invitalia impegnati a verificare eventuali investitori. Il 12 giugno al Mise, l’azienda ha risposto: «Al momento non ci sono compratori». L’incontro terminò con la promessa di ritirare il «disimpegno» da Napoli. Una promessa che non ha rassicurato nessuno. Ieri è riesplosa la protesta: «Abbiamo saputo – hanno spiegato le Rsu – che venerdì, senza avvisare nessuno, Whirlpool ha mandato le navette per caricate le nostre lavatrici da destinare ai magazzini di Melano nelle Marche o in Polonia. Stanno svuotando i depositi a Napoli e nel casertano, a conferma della volontà di disimpegnarsi definitivamente dalla Campania per poi spostarsi dall’Italia».

I sindacati accusano Whirlpool di «destabilizzare il clima, alla vigilia di un importante incontro col ministro, non rispettando i principi su cui si sarebbe dovuto sviluppare il tavolo. I lavoratori hanno anche scritto al presidente di Whirlpool, Gilles Morel: «Non possiamo sapere se la nuova lavatrice Natis, che doveva essere realizzata a Napoli, avrà successo ma possiamo garantire la perfetta riuscita del prodotto nel momento in cui l’intero processo di progettazione venga condiviso col sito di Napoli. Qualsiasi mission assegnataci è sempre stata superata».

Oggi tocca a Whirlpool, giovedì al Mise sarà la volta di un’altro gruppo Usa, Jabil circuit: la multinazionale delle Tlc ieri, nell’incontro presso Confindustria Caserta, ha annunciato 350 esuberi su 700 addetti del sito di Marcianise. I sindacati hanno indetto per oggi 8 ore di sciopero. Nel 2015 Jabil acquistò lo stabilimento Ericsson, dopo aver assorbito il sito Siemens, e già allora ci furono esuberi. «Un’altra bomba sociale pronta a esplodere – spiega Massimiliano Guglielmi, segretario generale della Fiom Campania -. Lo scorso anno firmammo accordi con la Jabil, alla presenza di Di Maio, in cui si prospettava l’esodo volontario con la possibilità di ricollocare i lavoratori. La Jabil promise di spostare volumi a Marcianise in modo da saturare l’impianto. Il nostro sito ha un centro di eccellenza per sviluppare nuovi prodotti, com’è possibile che non possa attrarre lavoro?». Il bacino di crisi del casertano conta oltre 2mila lavoratori, molti vengono proprio dalla desertificazione del settore Tlc. «Jabil dice che si impegnerà a ricollocarli – prosegue Guglielmi -, Whirlpool lavora alla reindustrializzazione con un nuovo acquirente, praticamente fanno le agenzie interinali…».

In base agli accordi del 2018, 130 addetti Jabil hanno già preso la strada del ricollocamento o dell’esodo incentivato, in cambio della proroga della cassa integrazione. «Jabil conta 200mila lavoratori nel mondo con 100 insediamenti produttivi in 29 paesi, ora decide di disimpegnarsi progressivamente nell’unico sito rimasto in Italia – spiega il segretario della Fiom di Caserta, Francesco Percuoco -. L’Oma Sud di Capua, settore aeronautico, 15 giorni fa ha licenziato 120 lavoratori. Poi ci sono le difficoltà di Tfa (l’ex Firema), tutto l’indotto automotive in cassa integrazione. In Campania manca qualsiasi idea di politica industriale, nessun investimento. Così per le multinazionali è facile cancellare gli accordi che firmano».