Era già certo da almeno una settimana, ma serviva la conferma diretta. Angela Merkel è in campo per il quarto mandato da cancelliera. Domenica nell’intervista alla tv pubblica Ard con Anne Will, indossando una giacca rossa ha scandito: «Oggi ho detto al presidium della Cdu che sono pronta a candidarmi di nuovo al congresso di Essen del 6 dicembre per la carica di presidente del partito e ancora una volta per l’incarico di cancelliera federale». Così nel 2017 Mutti conta di diventare sul serio la «nuova Kohl»: stabilità politica nonostante «gli attacchi da destra e sinistra»; valori della Germania riunificata anche nell’epoca di Trump; fermezza di fronte alle «elezioni più difficili dal 1990».

Scatta così la lunga partita a scacchi verso le urne. La mossa di Merkel si riverbera a ventaglio in tutti gli altri partiti. A cominciare dagli attuali alleati di governo della Spd che presenteranno il proprio candidato a gennaio. La prima reazione è d’istinto per bocca di Thomas Oppermann, leader al Bundestag: «Il voto delle politiche resta aperto: Merkel non è imbattibile». Del resto, a Berlino è stato appena varato il governo «rosso-rosso-verde»: il sindaco Michael Müller (Spd) avrà tre assessori della Linke e altrettanti dei Verdi. Il solo modo di mettere la Cdu fra i banchi dell’opposizione, grazie ai 92 seggi di maggioranza su 149 della nuova coalizione nel parlamento della città-stato. Più di una suggestione, che tuttavia deve fare i conti con la faida interna fra i socialdemocratici.

Gli analisti in Germania accendono i riflettori sullo scontro fra Sigmar Gabriel (vice Merkel e aspirante ministro degli esteri) e Martin Schulz (mancato presidente Ue e sempre alla guida dell’Europarlamento). Nelle «regioni rosse», nonostante le dichiarazioni ufficiali, negli ultimi mesi la guerra è stata senza esclusione di colpi. L’Spd del Nord-Reno Vestfalia (17,5 milioni di abitanti, Land più popoloso della Germania) sostiene apertamente Gabriel con l’endorsement della governatrice Hannelore Kraft. Ma in Bassa Sassonia (8 milioni, seconda regione per estensione), come rivelava Süddeutsche Zeitung, la riunione interna dei deputati a inizio ottobre non è riuscita a sciogliere la riserva sulla nomina di Gabriel. «Scelta non popolare» fu la motivazione non proprio diplomatica. E non basterà di certo a pacificare gli animi l’elezione, prevista il 12 febbraio, di Frank-Walter Steinmeier a presidente della Repubblica.

La sinistra tedesca, almeno per ora, oscilla fra il «modello Berlino» e l’ostilità al riformismo di governo. «Gabriel potrebbe essere cancelliere domani, se solo la Spd volesse una coalizione con noi e i Verdi» spiega da settimane Dietmar Bartsch, capogruppo Linke al Bundestag. Ma Bernd Riexinger mette le mani avanti: «Con Merkel si rischia di nuovo la solita Grosse Koalition e di conseguenza una politica di divisione sociale». E rispunta perfino Gregor Gysi, disponibile a candidarsi come «cancelliere dell’alternativa».

Altrettanto fluida la strategia dei Verdi. Da Stoccarda Winfried Kretschmann, governatore del Baden-Württemberg con la Cdu, applaude Merkel all’insegna del «realismo ecologista». Tuttavia da Monaco salgono le quotazioni di Anton Hofreiter, capogruppo parlamentare, che potrebbe candidarsi insieme alla collega Katrin Göring-Eckardt oppure all’astro nascente Sonja Karas. Per statuto, i Grüenen (che amministrano 13 delle 20 città-chiave) a gennaio chiameranno al voto i loro 60 mila iscritti per ratificare la scelta politica.
Infine, lo scenario contempla altre due variabili. Wolfgang Kubicki, vice presidente Fdp, è sicuro del ritorno dei liberali in parlamento e già strizza l’occhio a Merkel e ai Verdi contro Gabriel. E soprattutto la destra populista di Alternative für Deutschland accreditata del 13% dei consensi nazionali dal recentissimo sondaggio dell’Istituto Emnid per il settimanale Bild am Sonntag.