Tre mesi di purgatorio calcistico e mediatico, la radiazione dalla Nazionale greca. E ora in Italia, per la seconda chance della sua carriera, a 20 anni. Il Novara, serie B, sta per mettere sotto contratto Georgos Katidis, centrocampista ellenico messo al bando nel suo Paese dopo aver fatto il saluto nazista in campo, con la maglia dell’Aek Atene. Di corsa, sotto la curva del club con il braccio teso dopo un gol al Veria, partita di campionato, tra sguardi increduli dei compagni di squadra. «Non sapevo cosa significasse» si giustificava Katidis, che via twitter spiegava di non essere fascista. Nessuno sconto dalla federazione greca. Anzi. Oltre all’embargo da tutte le nazionali, anche una multa da 50mila euro. Katidis è indicato dagli addetti ai lavori come uno dei prospetti più interessanti del panorama calcistico europeo. Capitano dell’Under 19 greca e poi dell’Under 21, piedi buoni, visione di gioco.
Eppure nei mesi successivi alla sua squalifica, nessuna chiamata di club importanti. In Grecia, nel resto d’Europa. Sino all’amo lanciato dal Novara e l’accordo quasi concluso dai piemontesi con l’atleta, che arriverebbe a parametro zero, dopo il fallimento dell’Aek Atene. Era il caso? Una seconda opportunità non si nega a nessuno, certo. E il calcio, con i suoi limiti, non è certo un qualificato tribunale di giustizia. Ma il timing della scelta del Novara di tesserare Katidis appare azzardato nello sceneggiatura attuale dello sport italiano, specie con il calcio che ha dovuto fare i conti con fenomeni di intolleranza.

Basta riavvolgere la pellicola del film sull’intolleranza, senza andare troppo a ritroso: buu razzisti diffusi negli stadi, con curve chiuse – come accaduto alla Lazio, dopo le offese all’Olimpico rivolte alla tifoseria del Tottenham, di fede ebraica – i cori razzisti rivolti verso Mario Balotelli, che si è detto pronto a lasciare il terreno di gioco in caso di nuovi episodi, oltre a scritte vergognose sui muri, così come gli striscioni. E gli inviti, in alcune curve, al Vesuvio «a lavare con il fuoco i napoletani». Infine, il centrocampista del Milan Kevin Prince Boateng che lasciava il campo dopo esser stato oggetto di ululati razzisti, assieme ai compagni di colore, da parte di alcuni ultrà (sei condanne, da 40 giorni a due mesi di reclusione) in un’amichevole tra rossoneri e Pro Patria, a Busto Arsizio. Insomma, con l’ingaggio del greco, inconsapevole filonazista, c’è il rischio di moltiplicare nuovi fenomeni d’intolleranza. Il Novara, attraverso la sua dirigenza parla quasi da onlus che si adopera per il reinserimento sociale del ragazzo. «Gesto scioccamente inconsapevole e irrispettoso per milioni di persone che per colpa di falsi ideali e di miti hanno sofferto e pagato con la vita. Ma ora che questo ragazzo è perfettamente conscio, finalmente, del significato e del dramma che quel gesto ha rappresentato, abbiamo pensato di dargli una seconda chance» spiega Massimo De Salvo, amministratore delegato del club. Quindi, per Katidis il Novara assume la stessa posizione dell’ex club del centrocampista greco: il giovane va perdonato perché era ignorante, inconsapevole di mancare di rispetto alla memoria di milioni di persone sterminate dall’orrore nazista.

Può bastare per chiudere il caso? Intanto Fabio Lavagno, parlamentare piemontese di Sel, ha presentato una interrogazione urgente al ministro dello Sport Josefa Idem e a quello dell’Interno Angelino Alfano. E anche il Pd ha chiesto l’intervento di Figc e Lega Calcio. «In un momento così particolare, il calcio italiano, alle prese con episodi sempre più diffusi, credo non abbia bisogno di nuovi trascinatori delle folle» dice Vittorio Pavoncello, presidente del Maccabi, l’associazione sportiva ebraica italiana. Il Novara invece sostiene di aver compiuto una valutazione tecnica, mettendo le mani su un potenziale campione. «A questo ragazzo abbiamo pensato di dare una chance perché riteniamo gravissimo commettere certi errori ma meritevole averne consapevolezza. La politica per noi rimane fuori dal calcio, la memoria no e crediamo che l’intolleranza si debba combattere ricordando ai nostri ragazzi quello che è successo nella storia affinché non succeda mai più».