E’ successo. E non si può far finta di niente. Milano, città medaglia d’oro della Resistenza, è stata sfregiata da un raduno nazista. In troppi vorrebbero dimenticare in fretta quello che è avvenuto sabato sera in un capannone privato alle porte della città. Ma due giorni dopo le polemiche continuano e lasceranno il segno. Com’è stato possibile? Certo i primi a dover rispondere sono questura, prefettura e il comune di Milano. Ma nessuno può chiamarsi fuori. Se tutto questo fosse accaduto ai tempi del sindaco Moratti e del vicesindaco De Corato, sarebbe scoppiato un putiferio. Invece, adesso che c’è Pisapia, Milano per la prima volta non è stata capace di impedire un avvenimento che da questo parti non è mai stato permesso. Non bastano le tardive parole del sindaco: «È inaccettabile». In rete sono centinaia i commenti critici. Il sindaco è giudicato incapace di garantire vigilanza e di prendere provvedimenti adeguati. C’è anche chi fa notare che avrebbero potuto almeno intervenire i vigili, visto che sono così attivi quando si tratta di fare le pulci a locali, circoli e persone innocue (domenica ad esempio hanno fermato due fachiri che facevano uno spettacolo in Duomo). Solo una settimana fa a Milano si discuteva di un’ordinanza, poi ritirata, che vietava di mangiare il gelato per strada dopo mezzanotte. Per la giunta è già un momento difficile. E la mancata reazione al raduno fascista non fa che incrinare ancor più il rapporto con quel popolo arancione che l’ha portata a governare.

Dal Comune ripetono che non sono stati avvisati dalla questura. Lo ha ribadito con toni molto duri il braccio sinistro del sindaco Paolo Limonta: «Chiedo a Questore e Prefetto di non arrogarsi mai più in futuro la scelta di decidere se un’iniziativa si può o meno svolgere a Milano senza informare e recepire il parere dell’Amministrazione Comunale che, tanto per essere chiari anche per il futuro, non intende assolutamente avallare lo svolgimento di simili iniziative sul territorio di sua competenza». Abbiamo provato a sollecitare una risposta al questore, ma in via Fatebenefratelli nessuno vuole parlare.
Si legge su MilanoInMovimento, uno dei siti più seguiti della sinistra milanese: «Se accade che in una città vengono sgomberati centri sociali a ritmo mensile, la Questura può organizzare uno sgombero violentissimo di un rave e su chiamata del Rettore interviene dopo 40 anni alla Statale manganellando studenti, se si svolgono tornei di calcetto organizzati dagli stessi gruppi del raduno nero patrocinati dalla Provincia e tutto questo nel silenzio di chi la governa e il disinteresse della popolazione, bisogna porsi delle domande».

Giusto. Ma allora non basta prendersela solo con il Questore o con Pisapia. Dov’erano i sindacati e i partiti? Dov’era la borghesia illuminata? I democratici perbenisti che invitano sempre a moderare i toni? Dov’erano anche gli antifascisti militanti? «Abbiamo saputo tutti all’ultimo momento del raduno – spiega Matteo Prencipe, segretario provinciale del Prc – ma questa non può essere una scusa, anzi è una colpa. Significa che quel circuito di vigilanza che a Milano c’è sempre stato si sta pericolosamente allentando. Non basta delegare tutto alle istituzioni o pensare che se ne possa occupare qualche gruppo antagonista specializzato. Questi fenomeni sono ormai all’ordine del giorno, non è la destra berlusconiana, è una destra militante e militarizzata, che mena le mani. Per contrastarla non bisogna temere il luogo naturale e storico della sinistra: la piazza». Per riempirla c’è bisogno della presa di coscienza e dell’impegno di tutti. Questa volta siamo rimasti solo a guardare.