L’Agenzia europea del farmaco (Ema) non cambia idea sul vaccino AstraZeneca, che ora ha anche il nome commerciale “Vaxzevria”: i benefici superano i rischi, anche alla luce dei dati giunti negli ultimi giorni in particolare dalla Germania. La posizione dell’agenzia è stata ribadita ieri dalla direttrice esecutiva Emer Cooke. «Non ci sono prove che giustificano restrizioni nell’uso del vaccino nelle diverse classi di età», ha detto Cooke che ha parlato però di un dibattito tuttora in corso. «La nostra analisi sui casi molto rari di trombosi continua e le conclusioni arriveranno nella prossima settimana».

Cooke è intervenuta pubblicamente all’indomani della decisione tedesca di limitare l’uso del vaccino AstraZeneca al di sopra dei 60 anni, dopo le nuove segnalazioni di 31 trombosi cerebrali su 2,7 milioni di persone vaccinate (uno ogni centomila) e la pubblicazione di una ricerca realizzata dai medici dell’università di Griefswald che ipotizza un possibile link tra il vaccino e gli episodi riportati.

A LIVELLO EUROPEO, Cooke ha parlato di 44 casi anomali di trombosi generale del seno venoso, a cui si aggiungono 18 registrati fuori dall’Unione, su 9,2 milioni di vaccinati (circa 0,7 ogni centomila). Rispetto alla precedente revisione dei dati di metà marzo, il numero di eventi riportati è dunque triplicato. Di per sé non è un fatto inaspettato: la psicosi intorno al vaccino potrebbe aver moltiplicato l’attenzione di medici e pazienti e le segnalazioni di episodi sospetti.

Ma Peter Arlett, direttore della farmacovigilanza all’Ema, conferma che il numero dei casi registrati è più elevato di quello che si osserva nella popolazione generale in assenza di vaccino, anche se i numeri di riferimento sono scarsi. L’unica stima affidabile in mano al Comitato di valutazione del rischio di farmacovigilanza dell’agenzia sui casi di trombosi cerebrali del seno venoso proviene dalla sanità italiana ed è riportata nel parere pubblicato il 24 marzo dall’Ema. Secondo quei dati, ci si aspetta 1-2 casi ogni centomila abitanti in un anno. Nel periodo della vaccinazione, dunque, le trombosi anomale nell’Unione Europea sono state dunque circa 5 volte più frequenti (+400%). Se però si riuniscono i dati dell’Ue e quelli del Regno Unito (che ha registrato poche segnalazioni a fronte di un gran numero di somministrazioni), l’aumento di incidenza rispetto alla norma scende al 42%.

CONSIDERANDO anche l’incertezza statistica, il numero dei casi sarebbe compatibile con il valore atteso. Non è chiaro, tuttavia, se i numeri a cui ha fatto riferimento Cooke includano anche le segnalazioni arrivate in questi giorni dal Paul-Ehrlich-Institut, l’Aifa tedesca e che hanno convinto Merkel a rivedere i limiti di età. Rispondendo ai giornalisti, Cooke ha spiegato che «il numero complessivo riferito all’Europa contiene una porzione significativa di casi tedeschi, ma non tutti».

Il fatto che i casi riguardino soprattutto donne non è un motivo valido per considerarle più a rischio, secondo la direttrice. «Se guardiamo alla popolazione generale – ha detto Cooke – il rapporto di casi di trombosi del seno venoso cerebrale tra donne e uomini è di 10 a 1, in particolare nella classe di età 30-45 anni. Quindi c’è una incidenza più forte nelle donne giovani in ogni caso». Inoltre, ha aggiunto Arlett, «il 63% delle persone che hanno ricevuto il vaccino AstraZeneca sono donne». Perciò, in questa fase, è difficile individuare il rischio specifico per le donne dovuto alla vaccinazione. Nessuna raccomandazione restrittiva all’uso del vaccino Vaxzevria nemmeno in caso di gravidanza, dunque: «Non controindichiamo il vaccino AstraZeneca per le donne incinte – ha detto Cooke – ma consigliamo loro di vedere il medico prima di prendere qualsiasi vaccino».

NEL RAPPORTO del 24 marzo gli esperti hanno passato in rassegna i possibili meccanismi che legherebbero vaccinazioni e trombosi, compresa l’ipotesi pubblicata lunedì dai ricercatori tedeschi secondo cui si tratterebbe di una sindrome simile alla «trombocitopenia indotta dall’eparina». Nessuno, infatti, esclude a priori una relazione tra i due fenomeni ma gli esperti non hanno trovato evidenze davvero convincenti in questo senso. Se anche questo meccanismo venisse individuato l’Ema non rivedrà il suo parere, almeno finché i numeri assoluti delle segnalazioni rimarranno bassi. Al massimo, ha spiegato Cooke, «daremo nuove avvertenze e istruzioni per i medici».