Quattro ragazzi su dieci sostengono di avere sbagliato indirizzo scolastico a un anno dal conseguimento del diploma. A lasciare sono soprattutto gli studenti dei Professionali (18% contro il 4% dei liceali e il 9% dei Tecnici). Tra chi, invece, ha preferito trovarsi subito un impiego (il settore dei servizi è quello che ‘tirà di più) è molto alta la quota di chi non ha un contratto regolare (10% del totale dei diplomati) o ce l’ha a tempo determinato (22% degli occupati).

Alla vigilia della conclusione delle Superiori se il 54% dei diplomati del 2015 dichiara che, potendo tornare indietro, sceglierebbe lo stesso corso nella stessa scuola, il 45% farebbe una scelta diversa: oltre il 26% cambierebbe sia scuola sia indirizzo, l’11% ripeterebbe il corso ma in un’altra scuola, l’8% sceglierebbe un diverso indirizzo/corso nella stessa scuola. La prosecuzione degli studi è una scelta che coinvolge i diplomati con buoni voti e i liceali (69% rispetto al 38% nei Tecnici e al 19% nei Professionali). Il contesto socio-economico e culturale della famiglia è determinante nelle scelte dei ragazzi: l’87% dei diplomati provenienti da famiglie in cui un genitore è laureato ha deciso di iscriversi all’università.

Secondo il rapporto 2017 di Almadiploma e Almalaurea, reso noto ieri dopo avere coinvolto 115 mila diplomati del 2015, 2013 e 2011, i più penalizzati sono i diplomati degli istituti professionali. Sono loro i meno convinti della scelta compiuta a 14 anni; quando decidono di proseguire gli studi si sentono svantaggiati. E sono loro i più precari: la disoccupazione coinvolge 22 diplomati su 100, la percentuale sale al 29% tra i diplomati professionali. I diplomati che lavorano a tempo pieno guadagnano in media, a un anno dal diploma, 1.028 euro mensili netti. A tre anni dal conseguimento del titolo il guadagno mensile netto è pari in media a 1.137 euro mentre la retribuzione, a cinque anni dal diploma, sale lievemente.

Il rapporto è stato usato anche per fare un bilancio, molto preliminare, dell’alternanza scuola-lavoro. Anche se la legge è di recente approvazione, ed è in fase ancora sperimentale si sostiene che migliori l’inserimento lavorativo dei giovani. Precario, ovviamente.