I ciprioti si sono mobilitati e quella che sembrava essere una sonnolenta meta di vacanze si è trasformata in un ribollire di proteste, manifestazioni e mobilitazioni di massa. Innanzitutto è nato nel giro di pochissimi giorni, anzi ore, il «movimento dei cittadini contro le politiche di privatizzazione e di austerità», un movimento apartitico che difende i diritti – e soprattutto i sudati risparmi – di tutte le classi sociali cipriote. Perché nel bail out europeo accanto ai finanzieri e ai grandi azionisti ci sono anche gli altri, i ciprioti che fanno il salumiere o il tassista e per i quali quei 100mila euro messi da parte vogliono dire una cosa sola: famiglia.

I ciprioti risparmiano soprattutto per aiutare i figli a comprarsi una casa e, ancora prima, a studiare all’estero (Cipro non ha, per esempio, nemmeno un dipartimento di storia dell’arte in tutta l’isola, che invece ha decine di college e 4 università).

Ieri sera l’appuntamento era fuori dagli edifici della comunità europea per protestare contro l’aumento vertiginoso della disoccupazione. Un portavoce del movimento ha dichiarato che «i lavoratori ciprioti non hanno altra scelta che la lotta e la resistenza per contrastare la rovina dello stato». Alcune città e alcuni quartieri della capitale si sono anche mossi in direzione degli aiuti umanitari autogestiti: chi può porta viveri nelle chiese e nei centri comunali e questi vengono distribuiti ai più bisognosi.

Anche migliaia di studenti si sono mobilitati (e ricordiamo che qui si parla di un’isola con meno di 950.000 abitanti) e ieri hanno marciato al grido di «Si dimetta il governo corrotto», «Ci state distruggendo il futuro», «i vostri errori saranno il nostro futuro». Gli studenti si sono recati al palazzo presidenziale che è rimasto chiuso per tutta la giornata e hanno lanciato arance e bottiglie di plastica alla polizia che pattugliava l’entrata.

Prima, si erano recati davanti alle camere e avevano gridato slogan come «Europa dei popoli e non dei padroni» e «le nuove generazioni hanno ideali, e non sono in vendita».

E’ veramente inaspettata una tale reazione da parte di tutti gli strati del popolo cipriota poiché fino a qualche mese fa ci si lamentava di uno scarso interesse dei giovani alla politica e all’economia del paese, del qualunquismo interessato solo al guadagno. Quella che si sta facendo strada adesso è una popolazione attiva, interessata e interessante. Una specie di incubatrice di ciò che accadrebbe in altri paesi, Italia inclusa, se si dovesse ricorrere a metodi simili a quelli adottati a Cipro per affrontare la crisi.

Fra le reazioni più atipiche c’è la minaccia da parte degli impiegati della Banca di Cipro di presentare le dimissioni in massa, un gesto dal sapore di luddismo ma con una certa dignità. Le banche riapriranno (forse) soltanto domani ma le cose si stanno svolgendo in modo poco chiaro.

Il signor Demosthenous è stato eletto direttore della Banca di Cipro e liquidatore della Laiki Bank, ruoli che sembrano in contrasto tra loro dal momento che la parte «buona» della Laiki Bank, quella che verrà “salvata”, sarà poi annessa alla Banca di Cipro che, dice il Presidente della Banca «deve essere salvata in nome dei nostri figli».

I manifestanti si fanno di giorno in giorno più aggressivi perché sentono che le loro richieste non vengono ascoltate e si sentono completamente impotenti di fronte a decisioni che vengono prese dal loro governo senza nessuna approvazione. È per questo che ci si aspetta un’escalation preoccupante: gli studenti che ieri avevano scavalcato i cancelli del palazzo presidenziale, lanciato oggetti contro la polizia e bruciato pubblicamente la bandiera tedesca, potrebbero ricorrere a mezzi ancora più violenti oggi stesso o domani.

La Svizzera del Medioriente si è trasformata in un unico movimento di rivolta e le strade un tempo ordinate e piene di persone intente allo shopping sono attraversate da fiumane scomposte di cittadini inferociti.