La cortina di ferro della guerra fredda a Helsinki è stata sostituita dalla cortina fumogena del vertice tra il presidente americano Donald Trump e quello russo Vladimir Putin, fatta apposta per occultare i veri problemi.

Putin, che la settimana scorsa aveva ricevuto il premier israeliano Netanyahu e poi Ali Akbar Velayati, l’inviato della Guida suprema Khamenei, ha capito l’antifona americana da un pezzo: se vuoi essere amico di Trump devi essere amico di Israele e dei sauditi.

Tutto il resto viene dopo, dall’Ucraina, al disarmo nucleare, alla Cina. Per non parlare degli europei, gli zerbini sia di Washington che di Mosca.

L’ANTIFONA l’abbiamo capita anche noi: la politica americana è fortemente influenzata da Israele e dall’Arabia Saudita, con il primo che detta quasi la linea a Donald Trump perché la repubblica islamica viene considerata il peggiore nemico dello stato ebraico e dal 1979 non intrattiene relazioni diplomatiche con Washington.

Quanto ai sauditi, vedono l’Iran sciita come il fumo negli occhi, il loro peggiore avversario per la supremazia nel Golfo e nello Yemen dove gli strateghi da strapazzo di Riad, che acquistano 80 miliardi di dollari di armi sofisticate ogni anno da americani, francesi e inglesi, non riescono a vincere una guerra contro gli Houthi alleati di Teheran.

IL MESSAGGIO più chiaro del presidente americano è stato proprio questo: «Fare pressioni per contenere le ambizioni nucleari dell’Iran e mettere fine alla sua campagna di odio in Medio Oriente».

E Putin, che deve esportare i suoi oligarchi come Abramovic a Tel Aviv per aggirare le sanzioni, di rimando ha affermato «che farà di tutto per rendere sicuro il confine tra Siria, Israele e il Golan».

Pur sapendo che non può esercitare troppe pressioni sui Pasdaran iraniani, che insieme agli Hezbollah hanno tenuto a galla Assad prima che la Russia intervenisse nel 2015.

Che un Paese come l’Iran di 80 milioni di abitanti, con un terzo del Pil dell’Italia, in evidenti difficoltà economiche – pur essendo il quarto al mondo per riserve di petrolio e il secondo per quelle di gas – sia il grande problema mondiale è diventata un’ossessione tale da sembrare persino patologica.

LA REALTÀ è che l’Iran non soltanto ha firmato un accordo sul nucleare nel 2015 con tutta la comunità internazionale ma che lo sta rispettando, come dicono i rapporti dell’Aiea, la Russia, la Cina e anche la tremebonda Unione europea. Teheran non possiede la bomba atomica, a differenza della Corea del Nord di Kim Jong-un con il quale Donald Trump vuole trattare a tutti i costi.

Non solo. L’Iran è un Paese firmatario del trattato sulla non proliferazione nucleare a differenza di Israele che ha un arsenale con 200 atomiche, o del Pakistan e dell’India, altre due potenze nucleari.

COME SE non bastasse, l’Iran è stato un Paese attaccato dalla comunità internazionale quando questa nel 1980 appoggiò la guerra contro Khomeini di Saddam Hussein, il quale poi invase pure il Kuwait nell’agosto del ’90.

L’Iran non ha mai attaccato nessuno ma ha sfruttato con abilità i gravi errori di calcolo compiuti dai suoi concorrenti, fuori e dentro la regione.

La guerra del 2003 voluta da Bush junior ha regalato a Teheran l’influenza in Iraq che per altro è servita – se qualcuno se lo fosse dimenticato – a fermare nel 2014 l’avanzata dell’Isis quando le truppe irachene erano allo sbando.

L’Iran si è piazzato in Siria, l’unico Paese arabo che nel 1980 si schierò con Teheran, e mantiene una forte influenza in Libano attraverso gli Hezbollah: ma chi pensava di abbattere Assad nel 2011 erano proprio i Paesi sunniti del Golfo con la Turchia, gli Stati uniti, la Francia e la Gran Bretagna, che aprirono la strada all’afflusso di migliaia di jihadisti dentro al territorio siriano.

Un altro errore di calcolo sulle sorti del regime di Damasco che ha aperto la strada all’intervento di Mosca.

L’UNICA certezza che viene dagli Usa sono quindi le sanzioni all’Iran dopo il ritiro dell’accordo sul nucleare del 2015: una lettera alle cancellerie europee del segretario di Stato Mike Pompeo e di quello al Tesoro Steven Mnuchin ribadisce che non ci sarà nessuna esenzione per le società in affari con Teheran.

Il primo blocco di sanzioni comincia il 6 agosto, il secondo a novembre: l’Ue vorrebbe attivare le procedure per aggirare le sanzioni ma allo stato attuale le banche in affari con l’Iran finiranno in lista nera Usa.

Dopo avere cercato di far saltare la Nato, insultato l’Unione europea ed essersi schierato per la Brexit dura, Trump ha incontrato Putin con questo viatico: non rispettare gli accordi internazionali, in primo luogo quello con l’Iran e strangolare economicamente la repubblica islamica, cosa che fa ovviamente piacere sia a Israele che all’Arabia saudita.

Questo dunque il vero messaggio di Trump a Putin: fai un po’ quello che vuoi a casa tua e nella tua sfera di influenza ma in Siria tieni a bada l’Iran, il bersaglio della prossima guerra.