Dopo una settimana di gaffe, ritrattazioni e precisazioni, cordoni sanitari costruiti dei governatori delle banche centrali attorno alla presidente Christine Lagarde ieri sera poco prima della mezzanotte, a borse chiuse, la Banca Centrale Europea ha stanziato 750 miliardi di euro in acquisti di titoli del settore pubblico e privati, sei volte di più di quanto annunciato la settimana scorsa. Il programma proseguirà nel 2020, permetterà di superare il 33% di acquisti su ciascuna emissione e la clausola che prevede acquisti per ciascun paese proporzionati alla quota nel capitale della Bce.

«TEMPI STRAORDINARI richiedono azioni straordinarie» ha detto Lagarde, recuperando la chiarezza smarrita ma richiesta al linguaggio magico attribuito dai mercati e dagli Stati ai banchieri centrali, snodi di un capitalismo finanziario che oggi si è scoperto un castello di carta. Lagarde ha detto: «Non ci sono limiti all’impegno per l’Euro». Questa era la frase richiesta dagli aruspici dei mercati e dagli stessi governi. Invocata, come la pioggia, questa frase aspira ora a diventare un simbolo simile a quello del «Whatever It takes» (qualsiasi cosa necessaria), frase pronunciata dal predecessore Mario Draghi in un’altra crisi nel 2012. L’avvocatessa francese, abituata alle porte girevoli tra le massime istituzioni finanziarie globali, non aveva voluto pronunciarla fino a pochi giorni fa. E’ ritornata sui suoi passi. L’economia globale vive di questi simboli potenti.

IN REALTA’, LAGARDE non aveva escluso un simile intervento nella conferenza stampa che sarà ricordata per la storica gaffe sugli spread. L’aveva subordinata all’intervento coordinato dei governi europei sulle politiche economiche e fiscali. Questo intervento non è arrivato, anche perché come vedremo più avanti manca (ancora) una strategia comune e le proposte sono tante e anche contraddittorie. Ed è difficile pretenderlo da una scena politica europea per sua natura frammentata e dominata da interessi politici nazionali conflittuali. In quelle considerazioni c’era anche la consapevolezza per cui le politiche monetarie hanno un’efficacia economica limitata, dopo anni di tassi negativi che hanno premiato soltanto i mercati e non sono “sgocciolati” verso l’economia “reale”. Un rischio che non è escluso nemmeno in questo caso, ma la Bce si è resa conto che l’annuncio doveva essere fatto per spingere i governi ad adottare le politiche richieste, e mai ottenute prima di questa crisi da Mario Draghi.

DOPO LA MEZZANOTTE dall’Italia e dalla Francia il messaggio è stato colto. «L’Europa batte un colpo!» ha scritto su twitter il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. «Pieno sostegno alle misure eccezionali – ha scritto il presidente francese Emmanuel Macron su twitter – Spetta agli Stati europei essere presenti attraverso interventi di bilancio e una maggiore solidarietà finanziaria all’interno della zona euro». Entrambi sostengono l’idea che quello della Bce sia un viatico per le politiche di finanziamento coordinato a livello europeo delle politiche fiscali che entrambi sostengono contro altri che invece preferiscono una politica ritagliata su scala nazionale. All’alba le borse hanno iniziato a reagire: Tokyo ha aperto con +2%, mentre le quotazioni dell’indice petrolifero West Texas Intermediate (Wti) sono salite da 17,53% a 23,94 dollari al barile. Ventiquattrore prima il greggio era di nuovo crollato, anche a causa della contemporanea guerra dei prezzi tra Arabia Saudita e Russia.

L’INTERVENTO straordinario della Bce è arrivato al termine di un’altra giornata politicamente disastrosa. E’emerso con inedita durezza un conflitto interno nel board della banca che ha contribuito a produrre un’oscillazione di 50 punti base nel rapporto tra i Btp italiani e i bund tedeschi. Nella mattinata di ieri il governatore della banca centrale austriaca, Robert Holzmann, in un’intervista a Der Standard aveva rafforzato i dubbi sulla capacità di intervento della Bce a sostegno dei titoli di Stato europei, BTp in testa. A smentire Holzmann è intervenuta la stessa Bce in un comunicato in cui ha ribadito la volontà di usare tutti gli strumenti a disposizione per garantire la liquidità del sistema bancario. Insieme a Bankitalia, la Bce ha acquistato nuovi titoli facendo scendere lo spread da 330 a 271 punti base al termine di una giornata sull’otto volante. Un intervento che ha rallentato la caduta insieme al divieto delle vendite allo scoperto disposto dalla Consob per tre mesi. La finanza è andata per tutto il giorno sulle montagne russe in borsa: il Dow Jones ha chiuso a -6,28% ed è ai minimi da quando Trump è alla Casa Bianca; Milano a -1,27%. E’ stato quello il punto di non ritorno che ha spinto a lanciare, nonostante tutto, il nuovo programma di acquisti.

A LIVELLO POLITICO regna l’incertezza. Le posizioni annunciate un giorno non vengono capite, oppure non durano e sono anche contestate. A livello di Commissione Ue si è passati dalla «flessibilità» al patto di stabilità all’Italia all’ipotesi di una sospensione generalizzata del patto per tutti i paesi europei. Se a Bruxelles parlano di una «una tantum», ovvero «per una volta soltanto», in tutta Europa si capisce «per sempre, e poi si vede». Ora la chiamano «clausola di recesso», ma anche di «sospensione» o di «fuga» dal patto di stabilità. Espressione ambivalente che per la Commissione Ue significa «sospensione» delle regole di quell’endiade fatale chiamata «patto di stabilità e crescita», ma che per molti oggi significa sospensione a data da destinarsi davanti a una crisi che miete vittime e porta a una devastazione sociale ed economica di imprecisata portata.

MAN MANO che il contagio da coronavirus progredisce e come birilli si chiudono fabbriche, uffici, scuole, confini dentro e soprattutto fuori il continente sui tavoli della confusa e inconsistente governance multilivello europea (Bce, Commissione, Eurogruppo, Consiglio Europeo, stati membri) si affollano proposte contraddittorie che non fanno capire a nessuno su che cosa, realmente, dovrebbero decidere la prossima settimana i capi di stato europei riuniti in videoconferenza. Visto che la «flessibilità» nel rapporto deficit/Pil non basterà perché è necessario creare una rete di sicurezza sui debiti pubblici che avranno sbalzi paurosi, all’Eurogruppo e alla Commissione il presidente del Consiglio Conte ha avanzato una duplice proposta sul «coronabond», in pratica gli «Eurobond» ipotizzati da anni in Italia da Prodi o Tremonti, o anche un fondo di garanzia europeo per finanziare le iniziative dei singoli governi. La congiunzione avversativa sembra porre un’alternativa, ma potrebbe non escludere entrambe le ipotesi. Quella di Conte è tattica, sulla sua linea ci sarebbero Francia e Spagna, in un’arena dove si affrontano altre ipotesi. Il «Whatever It takes» chiesto sia dalla Commissione Ue che dalla Bce non trova riscontro ancora in un’unità di intenti.

SUL TAVOLO c’è un’altra proposta: creare uno strumento collegato al Meccanismo europeo di stabilità (Mes) avanzata dal Ppe, i socialisti, Verdi e Renew al parlamento europeo. Quella di Conte sembrerebbe contraria, anche perché fino ad oggi questo fondo «Salva Stati» promette un aiuto economico pari a 410 miliardi di euro in cambio di una sorveglianza fiscale e finanziaria soffocante. Dopo il rinvio dell’approvazione di una sua riforma avvenuto il 16 marzo, il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno ha prospettato un cambiamento del suo impianto concepito al tempo della crisi del debito sovrano.

LA CRISI ATTUALE è diversa perché deriva da un elemento imprevedibile e eccezionale rispetto alle condizioni previste dai trattati e non pone un problema di «azzardo morale» perché colpisce ugualmente tutti i paesi europei, non solo uno. Inoltre si ritiene che un eventuale intervento di questo strumento dovrebbe avvenire a beneficio di tutti gli Stati che ne farebbero richiesta per evitare che un solo beneficiario resti sotto il tiro dei mercati con un’ondata di sfiducia generalizzata. Tuttavia i paesi che affrontano la crisi sono in condizioni di bilancio molto diverse: la Germania non è l’Italia, la Francia non è la Spagna. E manca, al momento, una riflessione sui debiti pubblici che cresceranno esponenzialmente (oltre il 140%?) per affrontare le conseguenze della crisi (un Pil a meno 5% nel 2020?). Come saranno sostenibili, a partire da quello record italiano? Dopo questo incubo, arriverà quello di una nuova austerità che trasformerà la recessione in una devastante depressione? Non è nemmeno chiaro come il Mes potrebbe intervenire (potrebbe emettere «coronabond», oppure dovrebbe farlo la Bce?), né quale potrebbe essere il compromesso tra i governi.

È BASTATA l’allusione alla possibilità di ricorrere al Mes da sollevare un vespaio in Italia. «Stop al patto di stabilità e non bisogna usare il Mes, dev’essere la Bce a iniettare nuova liquidità senza più condizioni» sostengono i deputati dei Cinque Stelle in Commissione Esteri. Per la Lega invece la proposta sul Mes sembra essere diventata quella del governo italiano: «Senza riferire al parlamento – dicono dal parlamento europeo Marco Zanni e Marco Campomenosi – Una scelta che gli italiani pagherebbero a caro prezzo». Ma l’incertezza regna sovrana. Solo due giorni fa il ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz aveva definito «prematuro» questo dibattito. All’inizio di una nuova giornata, giunti a metà di una settimana drammatica, la nebbia tra le cancellerie restava alta.