Asghar Farhadi aveva reso noto già da tempo che non avrebbe partecipato alla cerimonia degli Oscar, prevista per oggi a Los Angeles in cui il suo Il cliente, concorre come miglior film straniero. Dopo il «Muslim Ban» di Trump il regista iraniano aveva scritto: «Sembra che la possibilità della mia presenza sia accompagnata da interrogativi e limiti che trovo del tutto inaccettabili anche se per il mio viaggio si dovesse fare un’eccezione». E proprio questo involontario coinvolgimento nelle politiche discriminatorie del presidente statunitense, fortemente avversate da Hollywood, hanno reso Farhadi il favorito dei cinque candidati al miglior film straniero.

 
A un altro ospite atteso alla cerimonia è stato ieri vietato di raggiungere gli Stati Uniti: Khaled Khatib, direttore della fotografia del controverso White Helmets di Orlando von Einsiedel. candidato nella categoria dei corti e mediometraggi documentari, che segue l’operato degli elmetti bianchi del titolo – finanziati dall’Arabia Saudita – nella Siria martoriata dalla guerra. Khatib avrebbe dovuto raggiungere Los Angeles dalla Turchia ma è stato detenuto all’aeroporto di Istanbul per decisione dei funzionari statunitensi, a causa di non meglio specificate «informazioni pregiudizievoli» che sarebbero emerse sul suo conto.
Il grande favorito della notte degli Oscar, durante la quale saranno in molti a condannare l’operato del governo Usa e della Homeland Security, è La La Land, il musical di Damien Chazelle che ha debuttato lo scorso settembre al Festival di Venezia, e che con le sue 14 nomination raggiunge il record sinora detenuto da Titanic – ne ha già stabilito uno nuovo con la conquista di otto Golden Globe. La La Land è candidato a tutti i premi principali, ma non è improbabile che l’Academy decida di assegnare il titolo di miglior regista a Chazelle e la statuetta per il miglior film al più debole Moonlight di Barry Jenkins – la vita di un ragazzo gay african-american nella provincia della Florida – che consentirebbe di fare «ammenda» rispetto alle polemiche dell’anno scorso sugli Oscar «troppo bianchi».

 

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I protagonisti  del film di Chazelle, Ryan Gosling e Emma Stone, sono candidati al premio come miglior attore e attrice protagonisti ma la loro corsa all’Oscar è ostacolata da altri nomi dati ugualmente tra i favoriti. Nella categoria maschile il più accreditato è quello di Casey Affleck per Manchester By the Sea di Kenneth Lonergan, col quale ha già vinto il Golden Globe, anche se la sua candidatura è contrastata dalle accuse di molestie rivolte all’attore nel 2010 da Amanda White e Magdalena Gorka – produttrice e direttrice della fotografia di I’m Still Here di cui Affleck era il regista – e tornate alla ribalta dopo la nomination.

 

 

 
Le più probabili rivali di Emma Stone sono Natalie Portman – per il suo ritratto di Jacqueline Kennedy in Jackie di Pablo Larraìn – e Isabelle Huppert per Elle di Paul Verhoeven, che concorre con un ruolo rifiutato dalle attrici americane contattate dal regista olandese in un film respinto anche dai produttori hollywoodiani ora nella categoria dei migliori titoli stranieri.
Fuocoammare di Gianfranco Rosi non è dato tra i favoriti nella cinquina del miglior documentario: gli vengono preferiti OJ Made in America di Ezra Edelman e I Am Not Your Negro di Raoul Peck. Ma con l’endorsement a suo favore di una beniamina dell’Academy come Meryl Streep (che lo premiò a Berlino) possiamo sempre sperare.