L’Inps, l’ente che gestirà Reddito di cittadinanza e Quota 100, diventa l’epicentro delle baruffe del «governo del cambiamento». La cronaca di ciò che è successo ieri, vigilia della scadenza del mandato di Tito Boeri, ne è la dimostrazione plastica. Alle 14 le agenzie cominciano a battere lanci che danno Mauro Mori come prossimo commissario-presidente e Pasquale Tridico suo vice. L’accordo politico – meglio, la spartizione – fra Lega e M5s sarebbe raggiunto: Nori sarebbe in quota Lega ma vicino al ministro dell’Economia Tria di cui è consigliere; Tridico è il consigliere economico di Di Maio e padre del cosiddetto «reddito di cittadinanza». Nori tornerebbe dunque all’Inps, dove fu direttore generale ai tempi della Fornero quando rese pubblica la stima di 360mila esodati mandano su tutte le furie l’ideatrice della riforma che ha fatto dell’Italia il paese con la più alta età di pensione di vecchiaia in Europa. Una sorta di medaglia al merito per il governo che sostiene – falsamente – di aver «cancellato la Fornero» con Quota 100, corroborata dalla vicinanza alla Lega, dalla conoscenza della complessa macchina Inps e dai buoni rapporti con la Cisl e i sindacati.

Mauro Nori

COME ANTICIPATO dal manifesto invece esce di scena la presidente dell’ordine dei Consulenti del lavoro Marina Calderone, data fino a qualche giorno fa in pole position ma mai realmente convinta di lasciare i suoi più remunerativi ruoli – è anche nel cda di Leonardo – per ascoltare le sirene di compromesso provenienti dal premier Giuseppe Conte.

Passano pochi minuti però e tutto sembra saltare. Per primi sono esponenti del M5s a smentire con il sottosegretario agli Affari regionali Stefano Buffagni ad affidare a twitter la seguente frase: «Dopo il Fantacalcio, il FantaInps: notizia da pensionare».

POI ARRIVANO ANCHE LE PAROLE della Lega a chiarire la situazione: «Non c’è alcun accordo fatto, si decide lunedì». Citando il decreto su Quota 100 che specifica come dal 16 febbraio ci sarabbe un commissariamento dell’Inps, in attesa che entri in vigore la riforma della governance dell’istituto con l’allargamento a 5 membri del nuovo consiglio di amministrazione.

DA FONTI M5S infine arriva una versione ulteriormente diversa. Il mancato accordo con la Lega porterebbe a scegliere un commissario «traghettatore» per gestire questa fase delicata prendendosi il tempo per individuare una personalità che vada bene a tutti per adeguare la struttura alla nuova governance dell’Istituto , prevista nel decreto.
Pare però che sia stato il M5s a fare marcia indietro rispetto all’accordo quando si è reso conto che la figura del vicepresidente – che all’Inps non era prevista dopo la riforma del lontano 1994 – non ha poteri particolari e, anzi, molto meno del direttore generale, ruolo ricoperto da Gabriella Di Michele, nominata dal governo Gentiloni nel 2017 e in scadenza nel 2022. A quel punto il M5s avrebbe ribadito la richiesta di presidenza per Tridico, offrendo a Salvini la presidenza Inail, poltrona molto meno pesante e dunque rispedita al mittente.

COSÌ VA DECRIPTATA la nota finale della Lega che a metà pomeriggio spiegava come «con il M5s non c’è alcun accordo ma anche nessuna preclusione per le nomine Inps, si sta lavorando per una soluzione veloce, che arriverà nei prossimi giorni. Questo governo ha rispettosamente atteso la scadenza naturale del mandato di Boeri (nel frattempo ricevuto al Quirinale da Mattarella con tutti gli onori, ndr) che qualunque altro governo Renzi non avrebbe avuto alcuna esitazione a far saltare con abbondante anticipo». Resta quindi ancora in corsa Nori magari con Tridico con deleghe specifiche sul «reddito di cittadinanza».

IL PROBLEMA DEI TEMPI è però decisivo e va affrontato oggi, giorno di scadenza del mandato di Boeri. Diversamente l’Inps rimarrà senza guida perché il decreto stesso prevede esplicitamente la mancanza di una prorogatio per il presidente. Se Lega e M5s – tramite un decreto interministeriale Lavoro-Mef e dunque senza il passaggio in consiglio dei ministri – non troveranno una soluzione oggi, il caos lunedì regnerebbe sovrano all’ente pubblico più grande con i suoi 26mila dipendenti che sarebbe senza «rappresentante legale»: un caso senza precedenti amministrativi.